venerdì 21 novembre 2014

Pausa pranzo

....non uscivo durante la pausa pranzo da circa un mese a causa del troppo lavoro (questo si vede anche dal fatto che sto un po' trascurando il mio amato blog!) e della pioggia.

Oggi però è venerdì (come dicono gli americani TGIF: thanks God is Friday!), non piove ormai da qualche giorno e ho deciso, pur mangiando alla scrivania (non ci allarghiamo!), di concedermi una passeggiata scopo shopping.

Adesso sono tornata al mio posto molto soddisfatta perchè ho fatto sì shopping ma in libreria (la cintura che avevo in mente di acquistare può aspettare).
La pila sul comodino è sempre alta ma ho deciso comunque di entrare nella nuova libreria Rizzoli, da poco inaugurata in Galleria Vittorio Emanuele. E' bellissima, essenziale ed elegante. Con un profumo di nuovo e di libri inebriante. Da lì a prendere quattro libri è stato un attimo.

Ecco i miei acquisti:

Daria Bignardi: L'amore che ti meriti, Mondadori. Ho deciso di provare una nuova edizione pocket, comoda per la borsa e per la lettura in metropolitana o sul tram. Mi ha spiegato la signora alla cassa che usano una carta molto sottile per cui il libro è davvero piccolo anche se i caratteri non sono proprio minuscoli.
Mi piace la Bignardi, come persona credo sia una brava giornalista. Alcune volte (come lei stessa ha dichiarato) la timidezza e l'insicurezza che la portano a fare domande un po' da saputella che possono irritare chi le riceve.
Mi piace come scrive. Ho letto tutti i suoi libri e spero che (come ho letto in una recente recensione) questo non sia da meno.

Gianrico Carofiglio: La regola dell'equilibrio, Einaudi - Stile Libero.
Lui è un figo indiscusso. Se la tira un po' ma gli perdoniamo tutto. Ho letto tutti i romanzi con protagonista Guido Guerrieri. Legal Thriller all'italiana ambientati al Tribunale penale di Bari. Divertente e ironico, Guido è un avvocato penalista tradizionale. Attento, coinvolto ma non troppo e soprattutto serio e onesto. Insomma un artigiano del diritto.

Katherine Pancol: Muchachas, Bompiani. E' il primo libro di una trilogia che parla di donne e pare abbia riscosso un successo planetario. Vedremo...

Edward St Aubyn, I Melrose, Neri Pozza.
Adoro Neri Pozza. Le copertine sono quasi sempre delle meravigliose fotografie vintage ovviamente in bianco e nero. Donne aristocratiche che solo a guardarle ti viene voglia di conoscere la loro storia. Non conosco l'autore ma ho già letto altri romanzi pubblicati da Neri Pozza con a tema l'aristocrazia inglese (Julian Fellowes è il mio preferito e aspetto con ansia un suo prossimo romanzo). Sono 730 pagine interamente stampate con il sole.

Buona fine settimana di lettura a tutti!

domenica 16 novembre 2014

Chissà quanti soldi si è fatta.....

Fuori dalla mia piccola palestra in centro a Milano, davanti ad un bar, dove il passaggio è tanto e frequente (oltre alla palestra, c'è una scuola) incontro spesso una signora dignitosissima, che chiede la carità. Ogni tanto la vedo chiacchierare con qualche signora e una volta mi sono fermata anch'io.
Le ho chiesto come mai fosse lì, perché non pensava a trovare una soluzione più dignitosa come fare la badante o le pulizie. Mi ha risposto che per lei era molto umiliante chiedere la carità ma che non aveva trovato altro. In effetti.....scema io a chiedere.

L'altra mattina due signore appena arrivate in palestra si lamentavano del fatto che lungo la strada avevano trovato tanta gente che chiedeva l'elemosina e che per strada è diventato impossibile camminare. Poi hanno aggiunto: ma hai visto che quella lì non c'è più? Chissà quanti soldi si è fatta!

Credo che fare la carità sia la cosa piu umiliante che ci sia al mondo. Ma credo che sia anche stancante e usurante quanto e più di un lavoro. Si sta al freddo o al caldo fermi per ore.

In Italia è cosa nota che spesso si tenda ad aggirare l'ostacolo, a non fare troppi sacrifici. A trovare la soluzione reputata migliore con il minimo sforzo. Tanti lavori considerati più umili, gli italiani non li vogliono fare.

Ma da qui a scegliere di fare la carità ce ne passa! Com'è possibile anche solo lontanamente pensare che sia una scelta di comodo? Che sia una scelta? Punto.
Non è una scelta. È ahimè una delle tante storture della crisi. Gente che prima aveva una vita normale e che all'improvviso si ritrova più che povera.

La signora in questione si umilia eccome e sono certa che se potesse farebbe altro. 

L'altra mattina era ancora lì, sotto la pioggia. Temo che non si sia fatta un sacco di soldi....

lunedì 10 novembre 2014

On line

Se voglio essere essere anch'io una blogger riconosciuta...una che dice la sua, devo necessariamente esporre il mio pensiero sull'uso di cellulari, smartphone e tablet.

Alzi la mano chi non ha mai pensato, detto o sentito dire, davanti a chi fa uso smodato e incontrollato di tali apparecchi, "come facevamo quando non c'erano i cellulari?".

Nessuno però si è mai chiesto come facevamo quando non c'erano le lavatrici!

Ho una risposta facilissima: quando non c'erano i cellulari non li usavamo e - probabilmente (fino a quando non sono apparse in mano ai più sofisticati - le prime cabine telefoniche portatili) - neanche li desideravamo.

Poi sono arrivati e - come accade con tutte le cose che migliorano la qualità della vita - ci siamo abituati, tanto che adesso non potremmo più farne a meno.

Il cellulare è subito diventato uno strumento di lavoro indispensabile al quale si sono aggiunti la posta elettronica, le chat e i social network. Da quando esistono smartphone e tablet è tutto a portata di mano. Tutti sono raggiungibili con un click!

Ho letto qualche sera fa (tramite Twitter su Il Post :-)) un articolo secondo il cui autore (anzi, credo fosse un'autrice) non esisterebbe una dipendenza da smartphone solo per il fatto che li si guarda tutte le sere (fosse solo quello!) e che nessuno parla di dipendenza dai libri pur essendoci persone che leggono tutte le sere. Menomale!

Premesso che la dipendenza dalla lettura se è patologica non va bene comunque non può essere giustificata dal fatto che un libro è più nobile di uno smartphone. È solo meno diffusa ma ci sono persone che leggono ostentando indifferenza mentre altri discutono oppure che leggono al cinema in attesa dell'inizio del film. Mi sono sempre chiesta il perché. Credo che per leggere ci voglia un minimo di concentrazione e che difficilmente si possa trovarla nella sala di un cinema, mentre la gente cerca il posto o chiacchiera. Mi sono quindi convinta che si tratti di supponenza. Di ostentata superiorità. Io non chiacchiero, io Leggo!

L'uso smodato degli smartphone, senza arrivare al tema della dipendenza, richiederebbe l'adozione di un codice di autodisciplina.

Nella via che si vede dalla finestra del mio ufficio ci sono solo persone che guardano il display, a volte leggono, sorridono, si arrabbiano. Altre volte rispondono. Non sono ancora andati a sbattere con un palo della luce, per il semplice motivo che in via Filodrammatici non ce ne sono!

Il problema è che tale attività continua spesso anche durante il pranzo o durante le riunioni.

Cosa pensereste se il medico mentre vi sta visitando si mettesse a guardare i risultati degli esami di un altro paziente?

Il codice di autodisciplina dovrebbe consistere nel sapere valutare l'urgenza e il momento opportuno.
Nel non rispondere al telefono se si è impegnati in un'altra conversazione (adesso si vede il numero di chi ha chiamato. Più facile di così!)

Sono regole banali eppure nessuno le applica.

Per non parlare poi delle telefonate urlate in tram, in metropolitana o in treno (io prendo sempre l'area silenzio).

Chi mi conosce sa che non sono riservata. Trovo stupido chi pensa che il mondo ruoti intorno a lui. Quando mi sento dire. Non dirlo a nessuno, il mio secondo pensiero è ma credi davvero che a qualcuno interessi?

Mai proprio perché non interessa a nessuno perché urlare i propri fatti ai quattro venti?