venerdì 27 luglio 2012

3 matrimoni in uno!!

Una mia collega (e lettrice) mi ha fatto notare, in relazione al post del 31 maggio su Marilyn e Maria, che ad entrambe è stata preferita Jackie. In effetti è vero.
Probabilmente nessuno dei due uomini che alla fine ha scelto Jackie la amava veramente, sicuramente non l'amava Onassis che l'ha sposata per interesse e per sviluppare i suoi affari negli Stati Uniti, e probabilmente non la amava JFK che dichiarò di non essere mai stato innamorato di una donna ma soltanto attratto da alcune donne e tra queste c'era sua moglie!
Jackie rappresenta un'icona di stile e classe fuori discussione. Non mi è mai piaciuta molto come persona anche se l'ho rivalutata dopo aver visto la serie TV - The Kennedys: Jackie è interpretata da una brava e terribilmente somigliante, Katie Holmes. Nel film si dava molto risalto alla sofferenza di una donna sola, costretta a fingere in ogni momento.
Molti dicono fosse un'arrampicatrice e che per restare con JFK papà Joe la pagò. E' possibile ma sono dinamiche che non appartengono alla vita dei comuni mortali. Qui si parla della più potente famiglia d'America.

Senz'altro era una donna elegante che ha creato uno stile attuale ancora oggi perché semplice e raffinato (alzi la mano chi non pensa a lei quando indossa grandi occhialoni neri o pantaloni bianchi e infradito). Io personalmente amo quello stile perché si addice al mio fisico (qui Giada si farebbe una grande risata perché periodicamente sostengo di somigliare a questa o a quella attrice, a Julia Roberts per i capelli a Laura Morante per i colori e la forma del viso. Vabbè si fa per ridere!).

Comunque Jackie sosteneva che il primo matrimonio si fa per amore, il secondo per denaro e il terzo per compagnia.
Pensavo. E se si facesse un unico matrimonio per realizzare i tre obiettivi? Ovviamente (diciamo quasi sempre!) ci si sposa per amore, soprattutto se si è giovani e incoscienti, poi si resta insieme per denaro, laddove con denaro non intendo interesse ma realizzazione professionale e conseguente stabilità economica (è statisticamente provato che buona parte dei matrimoni finisce per problemi economici nel senso che uno dei due nella coppia si rivela economicamente poco solido o peggio dilapidatore del patrimonio comune). E infine, si potrebbe continuare a stare insieme per compagnia: si è cresciuti insieme, ci si conosce bene, i figli sono cresciuti e in fondo ci si vuole un gran bene (che è sempre una forma d'amore).  E allora perchè non godersi insieme la serenità finalmente raggiunta?
Pensiamoci! In fondo sposarsi tre volte è davvero faticoso: 3 feste, 3 vestiti  che non metteremo mai più, 3 album di fotografie (aiuto!!!!!)

martedì 24 luglio 2012

I....come intimo 2 (la vendetta!)



L'estate è arrivata ma fino alla fine di luglio (e a volte anche fino alla prima settimana di agosto) si è costretti a stare in città "più o meno" vestiti.
Il più o meno è d'obbligo perché in questa stagione più di magliette, freschi vestiti, camicie e scamiciati la fa da padrone il Reggiseno.

Il reggiseno è un capo di biancheria intima al pari delle mutandine. È vero che oggi alcuni adolescenti amano esibire anche quelle, ma si tratta di una moda - spero temporanea - che, per quanto pessima, resta circoscritta ad una fascia d'età.

Quello a cui sto pensando sono tutte quelle camicie e magliette (nonché vestiti) con una sola spalla, con lo scollo all'americana, con bratelline sottili, dai quali non si fa nulla (e dico nulla!!) per nascondere il reggiseno.

Mi chiedo: ma se ho deciso deliberatamente di acquistare un vestito scollato, con una particolare scollatura o con particolare taglio delle maniche e delle spalle, vuol dire che mi è piaciuto, non tanto e non solo per il tessuto, quanto e soprattutto  per il modello che è, per l'appunto, la sua particolarità.
E allora perché non fare seguire all'acquisto del vestito quello di un reggiseno adatto?
In commercio adesso è il capo che ha più varianti di tessuto, colore, modello e prezzi!

Il reggiseno (anzi la bratellina o il gancio di chiusura del reggiseno) in vista è come una nota stonata; la prima cosa che si nota e svilisce tutto il resto soprattutto quando è di un colore, tipo bianco o nero, che si nota immediatamente (con questo non sto sostenendo i reggiseni con le spalline trasparenti perché mi fanno orrore ma qui si tratta di un gusto personale).

Lo so che Madonna, prima, e Simona Ventura, dopo, hanno sdoganato il reggiseno mettendolo in vista ma non è la stessa cosa perché:
1. Le suddette sono donne di spettacolo mentre quelle a cui penso io si limitano a dare spettacolo per strada o nell'ambiente di lavoro;
2. Nel caso delle suddette il reggiseno è parte dell'abbigliamento e si vede in modo voluto e studiato non per sciatteria (leggi mi voglio mettere un vestito, non ho il reggiseno adatto e me lo metto lo stesso!)
3. Lo stile è semplicità e discrezione. E se un bel décolleté può dare fascino, il reggiseno può attendere. Ci sarà sempre tempo per mostrarlo!!
 

venerdì 20 luglio 2012

Quanto mi vuoi bene?

Quando G era piccola e le facevo questa domanda lei apriva le braccia e le portava dietro la schiena. Penso volesse dire che me ne voleva tanto!

Che bello sentirsi dire 'ti voglio bene'.
È molto più bello di Ti amo. Ti amo nell'accezione comune si dice nel rapporto di coppia e presuppone sempre un amore romantico e passionale.
Quando invece si dice 'Ti voglio bene' si fa riferimento ad una forma d'amore più pura, disinteressata, che non sempre presuppone una reciprocità o quanto meno una pretesa di reciprocità. Attraverso il volere bene si esprime l'amore per i figli, la famiglia e gli amici. Un amore che, proprio perché incondizionato, spesso è eterno.

Tempo fa ho letto su un blog (non paragonabile a questo!) che dire 'Ti voglio bene' è importante perché contiene il verbo volere.
Io ti voglio bene vuol dire che lo voglio e mi impegno per coltivare quello che questo volere bene comporta.

Se sei un figlio, perché ti proteggo, voglio per te il meglio a costo di sacrifici e rinunce.

Se sei un amico perché ti ho scelto. Tra tanti che nella vita sono passati, tra compagni di scuola, di lavoro, di giochi in cortile, di viaggi itineranti, ci sono rapporti che senza sapere il perché sfociano in qualcosa di più.
Non tutte le persone che conosciamo diventano amici, perché solo con alcune di loro scatta quella chimica che, appunto, trasforma il rapporto e lo arricchisce. Che ci fa cercare l'altro, che ci fa condividere segreti, bugie (dette ad altri) e chiacchiere fino all'alba.

Cosa sarebbe la vita senza gli amici? Penso che il rapporto tra amici sia una cosa bellissima e importante perché presuppone una scelta: io ti scelgo come amico e mi impegno a volerti bene. E se ci si sceglie di solito è per sempre!

mercoledì 18 luglio 2012

Il significato delle parole

Sarei curiosa di sapere quale parte del cervello governa il gusto musicale.
Una cosa è certa: nel mio caso non segue alcuna logica. Ci sono canzoni che non mi stancherei mai di ascoltare e mi piacciono sin dalla prima volta (e dalle prime note) e che, se messe insieme in una playlist ideale, non hanno un filo conduttore né un legame (ad eccezione del fatto che sono tutte melodiche).
Mi piacciono e a volte non so neanche chi le canta. 
Quando ho un cd in macchina o in studio, per pigrizia, lo ascolto in continuazione anche per mesi fino a quando non mi decido a sostituirlo con un altro cui tocca identica sorte. 

Ho avuto la fase Papito di Miguel Bosè (Carosello, 2007), disco (stupendo!) realizzato per celebrare i suoi trent'anni di carriera in cui Miguel canta - rigorosamente in spagnolo - con altri cantanti famosi, alcuni suoi vecchi successi di cui ignoravo l'esistenza essendomi fermata a Super Superman.
La mia preferita di Papito è Olvidame tu, cantata con Ivete Sangalo, una cantante brasiliana.
Credo di averla ascoltata per anni (ed è ovviamente nel mio iPod).

Sono sempre stata convinta che fosse una richiesta di aiuto (e in un certo senso lo è). In realtà però Olvidame non vuol dire aiutami ma dimenticami. Per cui, mentre io pensavo che lui dicesse: aiutami tu che io non posso, in realtà dice: dimenticami tu che io non posso. Aiutami a dimenticarti è sempre una richiesta di aiuto ma molto più sottile e perfida.

Gli uomini non si rendono conto (o forse si) che le donne pesano le parole e che dire ad una donna dimenticami tu perché io non posso è come dirle in fondo ti amo ancora ed incuterle false speranze. Se un uomo dice: mi piaci ma per adesso non posso. Il non posso passa in secondo piano per cedere il posto a per adesso sul quale le donne sono capaci di disquisire con amiche giorno e notte (più o meno fino a quando le amiche non risponderanno più al telefono perché esauste!).

Perché bisogna dimenticare un uomo che ci ama ancora tanto da non riuscire a dimenticarci e non aiutarlo invece a capire che non ci deve dimenticare?
In effetti - come direbbe una mia amica - non fa un plissè!

Gli uomini sono superficiali e, a quanto pare, hanno un vocabolario limitato o non danno il giusto peso alle parole. Le donne no!

Le donne dovrebbero invece ascoltare tutte le parole che gli uomini dicono e se c'è un NO (anche se è un Per Adesso NO), voltare pagina.

Tranqui, sapranno sempre dove trovarci ma noi nel frattempo non saremo più disponibili!

lunedì 16 luglio 2012

Dove sono i genitori?

In una calda serata estiva di città sono andata a vedere '17 ragazze' un film di Delphine e Muriel Coulin (titolo originale 17 Filles, Francia 2011).
È la storia (vera) di un gruppo di adolescenti che, per imitare la leader del loro gruppo di compagne di liceo, decidono di restare incinta tutte contemporaneamente e di portare avanti la gravidanza, in modo assolutamente scriteriato, tra fumo e alcol. La ribellione delle ragazze causa scompiglio nel liceo e nella cittadina in cui vivono.
Il finale è amaro come tutto il film, in cui le giovani ragazze combattono la noia trascinandosi da un pub ad una festa o contemplando il soffitto delle loro camerette.

Il film ha suscitato in me e nell'amica con cui sono andata al cinema reazioni diverse (oltre ad una fame atavica perchè eravamo entrambe arrivate al cinema reduci da una settimana pesante e senza avere avuto il tempo di mangiare qualcosa!).
Lei ha ricordato l'adolescenza e le dinamiche che si creano nei gruppi di amiche: tutte soccombono ad una leader che si autoelegge tale, solo perché ha una personalità più spiccata delle altre o perché in fondo è una debole e si protegge grazie al cordone creato dalle altre.
Io ho pensato a Giada e mi sono chiesta cosa pensa e  - soprattutto - cosa fa quando è nella cameretta; ogni tanto sbircio e vedo che legge, ascolta musica, comunica attraverso facebook e whatsapp. Insomme le cose che si fanno alla sua età.

Penso che lei ed io per motivi diversi stiamo attraversando una fase delicata della vita. Lei non è più una bambina ed io non sono più una ragazza!

Quello che però mi ha veramente colpito del film è stata l'assenza, anzi la totale latitanza delle famiglie.
Ma dove sono i genitori delle adolescenti? Ancora impegnati a fare finta di essere giovani, convinti che nelle quattro mura della cameretta ci siano ancora dei bambini?
Perché spesso non ricordano quanto è stata dura l'adolescenza per loro e non provano magari a dialogare (vabbè dialogare con un adolescente è praticamente impossibile ma si può provare a scambiare qualche parola ogni tanto!) con i loro figli o a fare qualcosa insieme?

Nel film gli unici genitori che hanno avuto un ruolo sono stati quelli di una giovane e deliziosa ragazzina dai capelli rossi: prima la cacciano, la rimproverano aspramente, provano ad imporle di abortire ma alla fine quando lei ha paura e sta male cerca la mamma e la mamma la accudisce. Anche  il ruolo dei duri (ma presenti) è spesso difficile perchè si tende, sempre per restare gggiiovani dentro, a fare gli amici dei figli adolescenti, con la conseguenza che loro (i veri giovani) si sentono autorizzati a mancare di rispetto, a pretendere, a non ascoltare e così via. 

Sabato pomeriggio ci ho provato. Ho coinvolto Giada (rimasta a casa probabilmente per via del fatto che molti amici sono già in vacanza) nella preparazione di una cena con amici. Ha apparecchiato, ha fatto piccoli lavoretti di aiuto cuoco (il cuoco ero io!), è stata a tavola tutta la sera con noi e mi ha aiutato a servire e a sparecchiare. Era contenta e sorridente. 
Quando George è tornato mi ha detto: ma cos'ha Giada che è cosi partecipe? Niente, ho risposto, ho solo sfondato il muro della cameretta.

Lo faro più spesso anche perché è una brava aiutante.

giovedì 12 luglio 2012

:-)

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi, dopo la catastrofe, dopo la caduta, che uno dice…è finita. No. Finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina antiuomo che ti fa la morte o la malattia.


Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l’esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina hai un esame peggio che a scuola….Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà, deciderai se sei all’altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno e questo noviziato non finisce mai, e sei tu che lo fai durare.

Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo, che sei terrorizzata che una storia ti tolga l’aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno si infiltri nella tua vita.
Peggio, se ci rimani presa in mezzo tu, poi ci soffri come un cane. Sei stanca. C’è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto, e così stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre…."io sto bene così, sto bene così, sto meglio così"…e il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasque, in quell’uomo ci hai buttato dentro l’anima, ed è passato tanto tempo e ce ne hai buttata talmente tanta, di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio, perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui. E so che c’è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta. Nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine, ed è stata crisi. E hai pianto. Dio, quanto piangete. Avete una sorgente d’acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l’aria buia ti asciugasse le guance. E poi hai scavato, hai parlato…quanto parlate ragazze. Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore…."perché faccio così?"…"com’è che ripeto sempre lo stesso schema?"…"sono forse pazza?"… Se lo sono chiesto tutte. E allora… vai, giù con la ruspa nella tua storia, a due, quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli, un puzzle inestricabile.

Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E’ da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque. Ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova "te", perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima, prima della ruspa…Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente, innamorarsi di nuovo di sé stessi o farlo per la prima volta è come un diesel, parte piano. Bisogna insistere, ma quando va in corsa… E’ un’avventura ricostruire sé stesse, la più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende, o dal taglio dei capelli.
Io ho sempre adorato donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. Perché tutti devono vedere e capire…"attenti…il cantiere è aperto…stiamo lavorando per voi… ma soprattutto per noi stesse…".

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia, per chi la incontra e per sé stessa. E’ la primavera a novembre, quando meno te la aspetti.

Questo post non è mio e confesso che non so di chi sia. L'ho ricevuto da un'amica un giorno in cui ero un po' giù. L'ho archiviato con la faccina che ride (come l'oggetto di questo post) perchè tutte le volte che lo leggo sorrido! 

lunedì 9 luglio 2012

Succede....

Succede che un giorno d'estate sotto la doccia lei sente un nodulino che non aveva mai sentito prima...

Succede che ci pensa e decide che non è il caso di allarmarsi ma che dopo le vacanze magari lo farà controllare...

Succede che più si sforza di non pensarci più ci pensa e, ogni giorno, sotto la doccia alla fine la mano va lì sperando di non trovarlo ma c'è ....

Succede che si decide a fare un controllo e che una giovane dottoressa la rassicura ma le propone di andare a fondo...

Succede che i controlli approfonditi confermano che è stato bene farli e che bisogna operare...

Succede che, anche dopo l'intervento, l'esame istologico conferma la diagnosi...

Succede che bisogna fare la chemio...sei cicli. Prima dell'estate i capelli saranno già ricresciuti, dice l'oncologo!

Succede che i capelli cadono, tutti in una volta...

Succede che una mattina mentre lei prova a truccarsi non riesce a mettere il mascara perché sono cadute anche le ciglia...

Succede che i vestiti diventano larghi, la pancia fa male per il troppo vomitare e la stanchezza è sempre più forte...ma la fine si avvicina.

Succede che tra pianti, sorrisi, amiche meravigliose e stanze d'ospedale la fine arriva davvero.

Succede che piano piano i capelli ricrescono (non prima dell'estate, ma ricrescono).

Succede che i controlli vanno sempre bene e si iniziano a diradare. 

Succede che i capelli sono tornati ad essere tanti e ricci come mai erano stati.

Succede che tornano al loro posto anche ciglia e sopracciglia...

Succede che anche il sorriso torna al suo posto...o forse no, quello non l'aveva mai perso!

La vita è bella e ogni tanto ci vuole qualcosa che ce lo ricordi.

mercoledì 4 luglio 2012

Quando scrive il commercialista....

Domenica è stata una brutta giornata e non perché l'Italia ha perso la finale degli Europei (perdere è un eufemismo! Più corretto sarebbe dire che è stata travolta, sopraffatta, dominata, schiacciata), ma perché alle 6 del pomeriggio, mentre mi accingevo a godere un po' di meritato riposo dopo avere avuto 10 persone a pranzo, tra cui una bimba di neanche due anni e tre adolescenti in piena tempesta ormonale, è arrivata la mail della commercialista che - mi sembra evidente - non si stava riposando!

Per chi è libero professionista (come me e parecchie amiche) da maggio/giugno fino a dicembre è un continuo.
Si comincia con l'IVA di Maggio. In teoria dovrebbe essere una batosta annunciata perché come ci insegna Pieraccioni: lo stato l'IVA la rivuole! e quindi ogni volta che si incassa una fattura bisognerebbe avere l'accortezza di accantonare l'IVA.
Poi da giugno c'è l'IRPEF (quello appunto comunicatomi domenica), che volendo si può rateizzare da giugno (quest'anno luglio) fino a novembre, a fine luglio c'è la cassa avvocati, ad agosto di nuovo l'IVA, a novembre il saldo più acconto IRPEF (non rateizzabile), a dicembre l'acconto IVA e, sempre a dicembre, il saldo cassa avvocati!

Da gennaio si respira un poco (sempre che si sia sopravvissuti al saldo cassa avvocati) e magari ci si concede qualche spesa, qualche acquisto in saldo. Ma non si fa in tempo ad abituarsi che si ricomincia.

Il vero problema è che da gennaio a maggio o, se si è accantonata l'IVA, a giugno passano sei mesi. In quei sei mesi si ha l'illusione di guadagnare davvero, di potere risparmiare e di potersi concedere qualche capriccio o gratificazione. Ma è solo un'illusione. 

Ieri due colleghe avevano acquistato, rispettivamente, sei paia di scarpe e due vestiti da spiaggia (non due copricostume ma vestiti di seta da festa in spiaggia a Long Island!).
Sembravano contente e convinte di avere fatto un affare. Ho scoperto il perché: non avevano ancora ricevuto la mail del commercialista!   

lunedì 2 luglio 2012

Vietato ai bambini!

Ho notato che nel centro sportivo vicino casa (un circolo con campi da tennis e piscine senza nessuna pretesa di esclusività) c'è un solarium riservato agli adulti.
Qualche sera fa mentre raggiungevo un'amica per una delle nostre pizze "del cuore" mi è arrivato il seguente sms: ho preso il tavolo dentro. Fuori zanzare e bambini!
Io stessa devo dire che in aereo se vedo che nel posto dietro al mio c'è un bambino alzo gli occhi al cielo.

Ho approfondito l'indagine è ho scoperto che il divieto ai bambini è sempre più diffuso: ristoranti, alberghi, ecc. RISERVATI AGLI ADULTI.

Qualche sera fa (un sabato pomeriggio di giugno), uscendo dal garage dello studio, stavo investendo due bambini che, noncuranti del passo carraio, correvano da soli sul marciapiede. Mi si è letteralmente fermato il cuore e ho suonato il clacson per capire di chi fossero i due sopravvissuti e - forse - in segno di liberazione per il pericolo scampato. Il padre, arrivato poco dopo, ha inveito contro di me dicendo che suonare non risolveva le cose, che i bambini erano sul marciapiede e poi - davanti a loro - mi ha urlato: se ne vada! È inutile dire che mi sono rovinata la serata e ho continuato a chiedermi dove avevo sbagliato. George, peraltro, mi ha spiegato che quando il portone di un passo carraio si apre o si chiude da fuori si vede una luce lampeggiare o - come nel caso del garage dello studio - un semaforo che diventa rosso quando una macchina sta per uscire. I bambini ovviamente (mica tanto!) non potevano saperlo ma il padre si.
Mi sono immaginata quei bimbi fieri di un padre che ha rimproverato la signora cattiva che li stava investendo e che si sentiranno, oggi, liberi di scorazzare noncuranti dei pericoli e chissà, domani, liberi di non rispettare le regole e il prossimo.

Quando eravamo piccoli noi, se ti facevi male perché avevi disobbedito "c'erano le altre", se andavi male a scuola c'era la punizione, se mancavi di rispetto ad un adulto IDEM.
Adesso è tutto un fiorire di denunce contro insegnanti e maestri d'asilo (i genitori dell'asilo di Rignano Flaminio sono rimasti delusi dalla sentenza che assolto i maestri accusati di molestie. Ma se la sentenza ha accertato che di molestie non si è trattato non avrebbero dovuto essere più sollevati?).

I bambini di oggi sono più isolati di quanto non lo fossimo noi perché al nascondino in cortile hanno sostituito i videogame, perché ci sono più figli unici, perché i genitori sono più stanchi, ecc. Questo ha fatto aumentare l'aggressività e il capriccio fine a se stesso.

Perché educare, rimproverare, fare piangere per un motivo (cosi si diceva quando facevamo i capricci: adesso te le do così piangi per un motivo) è più faticoso che lasciar correre.
Perché trovare un nemico, dal professore alla signora che usciva dal passo carraio è più facile di quanto non lo sia discutere per ore con bambini che presto diventeranno adolescenti e poi adulti.

Ecco forse è per questo che oggi i bambini vengono banditi da alcuni luoghi, perché se dovessero disturbare non ci sarebbe nessuno a rimproverarli e il povero malcapitato che decidesse di provarci si beccherebbe, come minimo, una denuncia.
Il tutto a danno di quei tantissimi bambini dolci, simpatici ed educati che tutti vorremo seduti accanto in aereo!