venerdì 24 gennaio 2014

upgrade...

http://diariodiadamo.vanityfair.it/2014/01/24/la-distruzione-di-un-amore-e-quel-tarlo-latente/

Questa volta il post l'ho fatto ma su Vanity Fair....., grazie a Matteo Gamba che nel suo Diario di Adamo ospita anche i pensieri delle lettrici più fedeli!

Io torno qui ovviamente, nel mio piccolo spazio a cui tengo moltissimo.
Buon fine settimana a tutti
Lia

sabato 18 gennaio 2014

Il capitale umano

Il nuovo film di Paolo Virzì (con un cast eccezionale), ormai lo hanno visto in tanti, se ne parla tanto e sono stati scritti i commenti più svariati. 
Proprio per questo, nonostante lo abbia visto durante il we in cui è uscito nelle sale, ho voluto aspettare prima di commentare, ho voluto far riposare le idee!
Esordisco dicendo che é un gran bel film, diverso da tutti i precedenti film di Virzì (non avrei mai immaginato che dopo avermi fatto piangere per due ore due durante la proiezione di La prima cosa bella, avrei apprezzato così tanto un altro suo film). E forse proprio in questo sta la grandezza del regista, nel cambiare genere quando il precedente é forse un po' inflazionato o comunque ha fatto discutere 'in positivo' molto.

E anche in questo caso, forse proprio per la novità del genere, è andata così: un film che fa discutere è solo per questo un lavoro riuscito. Nel mio piccolo io ne ho discusso animatamente a cena la sera in cui l'ho visto, ho litigato con George il giorno dopo via email e ho discusso animatamente con mio padre durante una lunga telefonata mentre guidavo sotto la piaggia. Bravo Virzì!!

La storia narrata è un thriller (anche psicologico) che tiene lo spettatore incollato allo schermo, in uno stato di tensione misto ad angoscia, fino a 10 minuti prima della fine. I personaggi sono strepitosi e 'tutti' (non sono così convinta che i ragazzi vadano assolti tout court) hanno fragilità e meschinità. Chi più, chi meno.

Il rapporto genitori-figli narrato nel film, forse anche influenzata dal trailer, mi ha molto ricordato Carnage (strepitoso dramma di Polanski del 2011) e un romanzo di Herman Kock, La cena (Neri Pozza, 2011). In entrambi i casi, come in questo, si affrontano i rapporti genitori-figli, l'incapacità di essere davvero genitori; nessuno si accorge di tante, tantissime cose, che succedono ai figli e non è soltanto perché i figli non parlano ma perché spesso é più comodo non vedere. E soprattutto i genitori fanno di tutto per proteggere i figli ma in fondo proteggono loro stessi e la loro inadeguatezza. I figli diventano il nostro specchio nella società.

La vita e le vicende personali dei protagonisti si comprendono soltanto alla fine. La narrazione è un puzzle che si compone man mano, senza sbavature nè contraddizioni. Alla fine tutto torna!

Non ho letto il libro e non so se la scelta narrativa (la storia che si ripete tra volte attraverso tre diversi personaggi del film) fosse già presente nel libro. L'ho trovata comunque geniale. Sia perché tiene lo spettatore in tensione fino alla fine ma soprattutto perché ci fa capire, al di là della trama del film, come nella vita, il punto di vista sia tutto....ma anche niente. Le apparenze, quello che vediamo dal nostro punto di vista non è quasi mai la realtà. La verità che noi ci costruiamo è la nostra verità! Ma chi dice che sia 'la verità'. E soprattutto è possibile che esistano più verità? È possibile, eccome.


Ps vorrei spezzare una lancia a favore del mio adorato Fabrizio Gifuni. L'unico che dà un ceffone meritato a quel cretino riccioluto e razzista del figlio!


sabato 11 gennaio 2014

Libertà .....è partecipazione!

Ci siamo mai chiesti cos'è la libertà? E qual è il suo significato.

Credo che del termine e della sua interpretazione si abusi spesso. Molti infatti si pregiano di essere liberi. Liberi di dire ciò che pensano, liberi di fare ciò che vogliono.....e le conseguenze? Valutare le coseguenze di cosa si dice o si fa significa comprimere la libertà? A mio avviso no, non sempre.

Si è liberi quando non si scende a compromessi, non si accettano o causano ingiustizie. Quando si può andare avanti a testa alta sapendo di essere persone oneste e pulite. Questa è la mia idea di libertà.

Celarsi dietro la libertà per offendere (penso a certe esternazioni dei rappresentanti del movimento 5stelle in occasione della malattia di Bersani), celarsi dietro la libertà per scaricare sugli altri le proprie frustazioni, non è vera libertà.

Leggo su wikipedia: Per libertà s'intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, usando la volontà di ideare e mettere in atto un'azione, ricorrendo ad una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a metterla in atto.

Afferma Isaiah Berlin (Isaiah BerlinFour Essays on Liberty, Oxford UP, Oxford, 1982, tr. it. Quattro saggi sulla libertà, Feltrinelli, Milano, 1989): 'L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di averla'.

Non sono pienamente d'accordo. Perché dipende sempre dal contesto. 

Per esempio: è libertà insultare un datore di lavoro solo per questioni di principio, rischiando addirittura di perdere il lavoro a danno di sè stessi e della propria famiglia? O si è più liberi sapendo di essere corretti, di agire sempre con onestà e diligenza, di avere una vita fuori dal lavoro, cercando semmai di valutare soluzioni di lavoro alternative e solo allora, ringraziare e salutare gentilmente?  La libertà è vivere la vita, soprattutto la propria, con ironia.

'Nel 1549 fu pubblicato un libello in cui si studiava lo spettacolo sorprendente della disponibilità degli esseri umani, in massa, a essere servi, quando sarebbe sufficiente decidere di non servire più, per essere ipso facto liberi. Che cosa è – parole di Etienne de la Boétie, amico di Montaigne – questa complicità degli oppressi con l'oppressore, questo vizio mostruoso che non merita nemmeno il titolo di codardia, che non trova un nome abbastanza spregevole? Il nome – apparso allora per la prima volta - è “servitù volontaria”. Un ossimoro: se è volontaria, non è serva e, se è serva, non è volontaria. Eppure, la formula ha una sua forza e una sua ragion d'essere. Indica il caso in cui, in vista di un certo risultato utile, ci s'impone da sé la rinuncia alla libertà del proprio volere o, quantomeno, ci si adatta alla rinuncia. Entrano in scena i tipi umani quali noi siamo: il conformista, l'opportunista, il gretto e il timoroso: materia per antropologi.

a) Il conformista è chi non dà valore a se stesso, se non in quanto ugualizzato agli altri; colui che si chiede non che cosa si aspetta da sé, ma cosa gli altri si aspettano da lui. 

b) L'opportunista è un carrierista, disposto a “mettersi al traino”. Il potere altrui è la sua occasione, quando gli passa vicino e riesce ad agganciarlo. Per ottenere favori e protezione, che cosa può dare in cambio? Piaggeria e fedeltà, cioè rinuncia alla libertà. 

c) L'uomo gretto è interessato solo a ciò che tocca la piccola sfera dei suoi interessi privati, indifferente o sospettoso verso la vita che si svolge al di là, che chiama spregiativamente “la politica”. Rispetto alle questioni comuni, il suo atteggiamento l'ipocrita superiorità: “certo gli uni hanno torto, ma nemmeno gli altri hanno ragione”, dunque è meglio non immischiarsi. 

d) La libertà può fare paura ai timorosi. Siamo sicuri di reggere le conseguenze della libertà? Bisogna fare i conti con la nostra “costituzione psichica”, dice Freud: l'uomo civile ha barattato una parte della sua libertà per un po' di sicurezza. 

Conformismo, opportunismo, grettezza e debolezza: ecco dunque, della libertà, i nemici che l'insidiano “liberamente”, dall'interno del carattere degli esseri umani. Il conformista la sacrifica all'apparenza; l'opportunista, alla carriera; il gretto, all'egoismo; il debole, alla sicurezza. La libertà, oggi, più che dal controllo dei corpi e delle azioni, è insidiata da queste ragioni d'omologazione delle anime. Potrebbe perfino sospettarsi che la lunga guerra contro le arbitrarie costrizioni esterne, condotte per mezzo delle costituzioni e dei diritti umani, sia stata alla fine funzionale non alla libertà, ma alla libertà di cedere liberamente la nostra libertà. La libertà ha bisogno che ci liberiamo dei nemici che portiamo dentro di noi. Il conformismo, si combatte con l'amore per la diversità; l'opportunismo, con la legalità e l'uguaglianza; la grettezza, con la cultura; la debolezza, con la sobrietà. Diversità, legalità e uguaglianza, cultura e sobrietà: ecco il necessario nutrimento della libertà'. (Gustavo Zagrebelsky, da Repubblica, 16 giugno 2011).

La libertà quindi è uno stato soggettivo, è uno stile di vita. Perché non includere anche questo tra i buoni propositi dell'anno appena iniziato?

Vorrei dire che lo scritto di Zagrebelsky, di cui ho riportato un estratto, me lo ha suggerito mia madre, Maria Pia, con ciò dimostrandomi di non essere a conoscenza del livello molto più lieve ....e direi basso di questo blog:-) Che è lieve ma libero...

Mi piace chiudere e augurare buon anno a tutti con il grande Gaber (é stato il primo concerto che ho visto a Milano, al teatro Libero, con mio fratello Andrea).

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un’opinione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


lunedì 6 gennaio 2014

Parigi val bene una messa.....

Da domani (anzi tra poche ore!) si ricomincia ma oggi tornando a casa dopo poco più di settimana mi sembrava di mancare da molto più tempo. Buon segno, vuol dire che le vacanze sono andate bene e ho staccato davvero. Ogni tanto ci vuole e non è sempre importante il posto o le persone con cui si va in vacanza quanto lo stato d'animo.
Siamo stati - dopo un piovoso capodanno messinese - qualche giorno a Parigi, George ed io con Giada e Antonio (un mio cuginetto di 10 anni che abbiamo invitato con noi).
È stato quindi un viaggio anche un po' turistico perché li abbiamo portati al Louvre ma gli abbiamo spiegato che al Louvre non si va soltanto per vedere la Gioconda. Credo che lo abbiano compreso e apprezzato anche considerato il fatto che la Gioconda praticamente non si vede più.
Ricordo l'ultima volta che l'ho vista, oltre 20 anni fa, era custodita in una teca ma ci si poteva avvicinare. Adesso invece è in bella (si fa per dire) vista al centro di una sala ma non ci si può avvicinare, per cui tra la distanza obbligata e la folla di fatto non si vede quasi nulla. Comunque ci siamo rimasti quasi 4 ore e non si sono lamentati. Hanno apprezzato anche il Centre Pompidou e Notre Dame. 
Un pomeriggio ci siamo separati. Giada ed io siamo andate a passeggio dagli Champes Elysèe fino a Place Vendome concedendoci un tea con relativi macarones di Pierre Hermé (Dilou, devo dire che sono buoni anzi buonissimi ma continuo ad apprezzare anche quelli di Ladurée) mentre George ha portato Antonio a vedere la Tour Eiffel e l'Arc de Triomphe.
Abbiamo poi passeggiato nel quartiere latino, fatto una passeggiata sulla Senna con il Bateau Mouches e infine siamo andati a piedi sino a Montmartre dove abbiamo ascoltato una meravigliosa messa cantata da tante suorine che ricordavano Sister Act (come ha detto Giada).

George ed io ci siamo poi concessi passeggiate solitarie nel nostro quartiere preferito, il Marais (dove abbiamo preso una deliziosa casetta) e insieme siamo andati a vedere una bellissima mostra di fotografie di divi del rock (tra cui Jimmy Morrison, Patty Smith, Mick Jagger) in Place de Voges. Ho anche trovato il tempo di scoprire un negozio vintage stupendo http://www.violetteetleonie.com/web/index.jsp

Insomma mi è sembrato di essere tornata in gita scolastica e mi sono divertita e rilassata.

Ieri sera a cena bisognava dire quello che ci era piaciuto di più. George, il tenebroso, ha detto la passeggiata notturna e solitaria nel Marais, Antonio la passeggiata con George negli Champes Elysèe, Giada la messa a Montmartre ed io ho condiviso con lei aggiungendo - a pari merito - il nostro tea in Rue Cambon....entrambe le cose in effetti (soprattutto prendere un tea con mia figlia quasi diciottenne) è piuttosto difficile che mi ricapitino :-))