sabato 18 gennaio 2014

Il capitale umano

Il nuovo film di Paolo Virzì (con un cast eccezionale), ormai lo hanno visto in tanti, se ne parla tanto e sono stati scritti i commenti più svariati. 
Proprio per questo, nonostante lo abbia visto durante il we in cui è uscito nelle sale, ho voluto aspettare prima di commentare, ho voluto far riposare le idee!
Esordisco dicendo che é un gran bel film, diverso da tutti i precedenti film di Virzì (non avrei mai immaginato che dopo avermi fatto piangere per due ore due durante la proiezione di La prima cosa bella, avrei apprezzato così tanto un altro suo film). E forse proprio in questo sta la grandezza del regista, nel cambiare genere quando il precedente é forse un po' inflazionato o comunque ha fatto discutere 'in positivo' molto.

E anche in questo caso, forse proprio per la novità del genere, è andata così: un film che fa discutere è solo per questo un lavoro riuscito. Nel mio piccolo io ne ho discusso animatamente a cena la sera in cui l'ho visto, ho litigato con George il giorno dopo via email e ho discusso animatamente con mio padre durante una lunga telefonata mentre guidavo sotto la piaggia. Bravo Virzì!!

La storia narrata è un thriller (anche psicologico) che tiene lo spettatore incollato allo schermo, in uno stato di tensione misto ad angoscia, fino a 10 minuti prima della fine. I personaggi sono strepitosi e 'tutti' (non sono così convinta che i ragazzi vadano assolti tout court) hanno fragilità e meschinità. Chi più, chi meno.

Il rapporto genitori-figli narrato nel film, forse anche influenzata dal trailer, mi ha molto ricordato Carnage (strepitoso dramma di Polanski del 2011) e un romanzo di Herman Kock, La cena (Neri Pozza, 2011). In entrambi i casi, come in questo, si affrontano i rapporti genitori-figli, l'incapacità di essere davvero genitori; nessuno si accorge di tante, tantissime cose, che succedono ai figli e non è soltanto perché i figli non parlano ma perché spesso é più comodo non vedere. E soprattutto i genitori fanno di tutto per proteggere i figli ma in fondo proteggono loro stessi e la loro inadeguatezza. I figli diventano il nostro specchio nella società.

La vita e le vicende personali dei protagonisti si comprendono soltanto alla fine. La narrazione è un puzzle che si compone man mano, senza sbavature nè contraddizioni. Alla fine tutto torna!

Non ho letto il libro e non so se la scelta narrativa (la storia che si ripete tra volte attraverso tre diversi personaggi del film) fosse già presente nel libro. L'ho trovata comunque geniale. Sia perché tiene lo spettatore in tensione fino alla fine ma soprattutto perché ci fa capire, al di là della trama del film, come nella vita, il punto di vista sia tutto....ma anche niente. Le apparenze, quello che vediamo dal nostro punto di vista non è quasi mai la realtà. La verità che noi ci costruiamo è la nostra verità! Ma chi dice che sia 'la verità'. E soprattutto è possibile che esistano più verità? È possibile, eccome.


Ps vorrei spezzare una lancia a favore del mio adorato Fabrizio Gifuni. L'unico che dà un ceffone meritato a quel cretino riccioluto e razzista del figlio!


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