mercoledì 31 dicembre 2014

L'anno che verrà

Non ho particolari buoni propositi o progetti per il nuovo anno ...sono solo contenta che domani partiremo per una bella vacanza in Marocco, George ed io.

L'anno che sta per finire è stato particolarmente pesante e intenso....forse sono solo io ad essere più vecchietta ma sono davvero stanca.

Il 24 dicembre sono uscita di casa alle otto e un quarto e mi sentivo contenta perché la sera prima ero tornata tardi da Livorno dove si era chiusa un'operazione che seguivo ormai da mesi ma soprattutto ero contenta perché stavo uscendo di casa dopo le otto e non dopo le sei come mi accadeva nelle ultime settimane. Il lavoro era tanto e arrivavo in studio alle sette per portarmi avanti, come dicono qui a Milano.

A volte basta poco....e ho deciso che questo sarà il mio buon proposito per il nuovo anno 'vedere sempre il bicchiere mezzo pieno'.

Pensare positivo, cogliere sempre il bello o il senso delle cose migliora di gran lunga la qualità della vita

Non è stato un anno favoloso anche se Facebook vorrebbe che dicessimo di sì, ma è stato un anno intenso e mi voglio ricordare solo le cose belle.
È stato un anno di nuove esperienze e conoscenze, di libri letti, di film e spettacoli visti, di qualche weekend con amici, di lunghe chiacchierate con le amiche, di litigate e riappacificazioni con George, dei diciotto anni del nostro topolino, della maratona di Milano, dell'arrivo di bimbi meravigliosi nelle vite dei nostri amici, della houseboat ad Amsterdam, della casetta nel Marais con George, Giada e Antonio, della notte a ballare in giardino a Ortoliuzzo, delle lunghe camminate a piedi da via Monte Rosa fino in studio, del nuovo ufficio più grande del precedente.

L'anno che sta arrivando tra un anno passerà (grande Lucio Dalla!) e il mio augurio e che sia per tutti l'anno del bicchiere mezzo pieno. Sempre!

 

sabato 27 dicembre 2014

Paddington

Quando ero piccola nella mia cameretta di Messina c'era un quadretto a specchio (chi appartiene alla mia generazione ricorda di sicuro il genere) con l'orsetto Paddington. Credo mi fosse stato regalato da mio fratello Guido. Arrivava da Londra e per me quello è sempre stato il simbolo di Londra. Paddington invece del bus a due piani, della cabina telefonica rossa o del bobby (il poliziotto londinese).

Nelle ultime settimane la città si è riempita di cartelloni con l'immagine dell'orsetto che per anni ha abitato la mia cameretta....e così ieri ho proposto a Giada di andarci. Lei non conosceva Paddington ma quando ha visto che il film è stato prodotto dagli stessi produttori di Harry Potter e che tra gli attori c'era Nicole Kidman che a lei piace molto, si è decisa ad accompagnarmi.

Siamo andate alle 14.30 in un cinema pieno di bambini in un'atmosfera natalizia, rilassata e anche un po' assonnata.

Il film è assolutamente godibile quanto prevedibile. C'è tutto: l'orsetto orfano, l'abbandono, la famiglia diffidente che lo accoglie e poi si affeziona, l'orsetto che combina guai a mai finire ma che aiuta anche a sventare un ladro, la cattiva, la lotta tra il bene e il male e il lieto fine in un trionfo di marmellata di arance!

È un film da vedere soprattuto in questi giorni in cui a Milano è arrivato l'inverno (George mi sta come sempre anticipando il bollettino neve dei prossimi giorni e io continuo a chiedermi perché non abbia fatto il meteorologo) perché fa parte del Natale. È il giusto coronamento di questi quattro giorni di riposo forzato. Si ride e ci si commuove. 

E perché ogni tanto rilassarsi al cinema del pomeriggio con la figlia diciottenne che ti dedica due ore del suo tempo, dimenticare tutto e tornare bambini, fa bene all'anima e ci fa sentire meglio.

Buon Natale a tutti!



domenica 21 dicembre 2014

Claudia, Gianni ed io

Mi sono sempre chiesta (senza avere una risposta) cosa determini i gusti delle persone.
Il mio colore preferito è il blu..
Non mi piace il fegato ..
Impazzisco per le melanzane sottolio.....
Uno dei miei cantanti preferiti è Gianni Morandi....

Quando ero ragazzina Gianni Morandi era già un cantante famosissimo che però piaceva alle mamme. Alle mie coetanee piacevano i Duran Duran, ai più colti gli U2 e comunque erano gli anni in cui impazzava la musica straniera. Faceva più figo dire che la musica straniera era migliore (questa peraltro è una caratteristica degli italiani: gli altri sono sempre meglio di noi!)

A me piaceva (e piace) la musica italiana. Ascoltavo Baglioni, Battisti, Ornella Vanoni e Mina, prendendo in prestito la musica italiana che ascoltavano i miei fratelli e mio papà. 

Gianni Morandi invece era un mio mito. E in questo non sono mai stata influenzata da nessuno. Mi piaceva e basta.

Una volta venne in concerto a Messina e l'ho conosciuto. Ho ancora un cd con il suo autografo.

Pensavo di essere l'unica della mia generazione ad amare Gianni.....fino a quando una mattina di parecchi anni fa quando vivevo già a Milano una mia collega, che poi sarebbe diventata una carissima amica, disse di punto in bianco A me piace molto la musica italiana e impazzisco per Gianni Morandi. Non ci potevo credere. Avevo finalmente un'amica nata e cresciuta ad oltre 1000 km da me (lei è di Brescia) con cui condividere la mia passione.

Claude ed io abbiamo visto insieme tantissimi concerti di Gianni Morandi e mi piace pensare che sia anche grazie a questa passione comune che oggi siamo amiche. Grazie Gianni!

Io ho sposato George che ama la musica in generale (direi che a differenza di me è proprio un intenditore) ma non disdegna affatto quella italiana.

Il marito di Claude è ancora più intenditore del mio ed è di Bologna....lei è rimasta fedele a Gianni più di me.

Gianni Morandi ha appena compiuto 70 anni e li ha festeggiati con l'uscita di un cd dal titolo 7.0 che sono sicura che George ha già messo sotto l'albero per me.

Questo post è il mio regalo per il suo compleanno!

sabato 6 dicembre 2014

Chi non sa fare ....non sa comandare

Mia nonna Lina, all'anagrafe Carmela Veroux, non soltanto sosteneva di essere nobile ma era proprio nobile inside.

I suoi parenti erano di origine francese e credo che nella sua famiglia ci fosse qualche marchese. Ricordo che una volta venne a prendermi la mamma di un'amica il cui marito apparteneva ad famiglia di origini nobil, mia nonna non resistette e sulla porta le disse: sa signora che anch'io ero marchesa. Avrei voluto morire.

Mia nonna Lina era nobile inside. Lei non faceva niente ma - a suo dire - sapeva fare tutto. Se vedeva qualcuno pronto ad uscire era lì a commissionare qualcosa. Mi prenderesti e mi porteresti erano le sue frasi ricorrenti.

Per un periodo della sua vita ha vissuto da noi; ricordo che una volta disse al Sig. Battaglia, autista di mio padre che era lì ad aspettarlo, Sig. Battaglia le dispiacerebbe andare a prendermi un chilo di patate? Il signor Battaglia, che non era un nostro dipendente ma lavorava per l'ente di cui mio padre era il presidente, e quindi in servizio, le rispose: si, mi dispiacerebbe molto. Grandissimo!

La nonna Lina mi ha insegnato un principio di fondamentale importanza: cu non sapi fari non sapi cummanari (la traduzione è nel titolo del post). Lei lo applicava e anch'io, come dice Giada, sono abbastanza comandina e, probabilmente, anche un po' nobile inside.
Pensare di saper fare tutto ma solo all'occorrenza serva ad avere la coscienza a posto: Io, se fosse necessario, saprei farlo ma per fortuna c'è chi lo fa per me!

George, che io sappia, non ha origini nobili ma è nobile inside e outside.

George è ancora più avanti di me e della nonna Lina. Lui non comanda, lui semplicemente si muove come se vivesse a Downton Abbey con un maggiordomo personale.

George non chiude gli sportelli perché sa gia che c'è qualcuno che lo farà dopo il suo nobile passaggio. George fa solo la parte creativa delle cose, il lavoro ordinario (leggi riordinare) lo lascia agli altri. George tutte le mattine fa colazione presto, si alza da tavola e non rimette MAI la sedia al suo posto. Lo so perché tutte le mattine anch'io vorrei fare colazione ma prima devo evitare di sbattere contro la sedia di George. 

Qualche settimana fa George è rimasto a casa con l'influenza. Al mio ritorno la sera lo trovavo in giacca da camera immerso nella lettura. In giro per casa tazze di tea sparse qua e là e musica classica di sottofondo.

Temo però che Carson, il maggiordomo di Downton Abbey, fosse in ferie perché toccava a me riordinare tutto sotto lo sguardo impassibile e regale di un George malatino ma sempre in grande spolvero!

venerdì 21 novembre 2014

Pausa pranzo

....non uscivo durante la pausa pranzo da circa un mese a causa del troppo lavoro (questo si vede anche dal fatto che sto un po' trascurando il mio amato blog!) e della pioggia.

Oggi però è venerdì (come dicono gli americani TGIF: thanks God is Friday!), non piove ormai da qualche giorno e ho deciso, pur mangiando alla scrivania (non ci allarghiamo!), di concedermi una passeggiata scopo shopping.

Adesso sono tornata al mio posto molto soddisfatta perchè ho fatto sì shopping ma in libreria (la cintura che avevo in mente di acquistare può aspettare).
La pila sul comodino è sempre alta ma ho deciso comunque di entrare nella nuova libreria Rizzoli, da poco inaugurata in Galleria Vittorio Emanuele. E' bellissima, essenziale ed elegante. Con un profumo di nuovo e di libri inebriante. Da lì a prendere quattro libri è stato un attimo.

Ecco i miei acquisti:

Daria Bignardi: L'amore che ti meriti, Mondadori. Ho deciso di provare una nuova edizione pocket, comoda per la borsa e per la lettura in metropolitana o sul tram. Mi ha spiegato la signora alla cassa che usano una carta molto sottile per cui il libro è davvero piccolo anche se i caratteri non sono proprio minuscoli.
Mi piace la Bignardi, come persona credo sia una brava giornalista. Alcune volte (come lei stessa ha dichiarato) la timidezza e l'insicurezza che la portano a fare domande un po' da saputella che possono irritare chi le riceve.
Mi piace come scrive. Ho letto tutti i suoi libri e spero che (come ho letto in una recente recensione) questo non sia da meno.

Gianrico Carofiglio: La regola dell'equilibrio, Einaudi - Stile Libero.
Lui è un figo indiscusso. Se la tira un po' ma gli perdoniamo tutto. Ho letto tutti i romanzi con protagonista Guido Guerrieri. Legal Thriller all'italiana ambientati al Tribunale penale di Bari. Divertente e ironico, Guido è un avvocato penalista tradizionale. Attento, coinvolto ma non troppo e soprattutto serio e onesto. Insomma un artigiano del diritto.

Katherine Pancol: Muchachas, Bompiani. E' il primo libro di una trilogia che parla di donne e pare abbia riscosso un successo planetario. Vedremo...

Edward St Aubyn, I Melrose, Neri Pozza.
Adoro Neri Pozza. Le copertine sono quasi sempre delle meravigliose fotografie vintage ovviamente in bianco e nero. Donne aristocratiche che solo a guardarle ti viene voglia di conoscere la loro storia. Non conosco l'autore ma ho già letto altri romanzi pubblicati da Neri Pozza con a tema l'aristocrazia inglese (Julian Fellowes è il mio preferito e aspetto con ansia un suo prossimo romanzo). Sono 730 pagine interamente stampate con il sole.

Buona fine settimana di lettura a tutti!

domenica 16 novembre 2014

Chissà quanti soldi si è fatta.....

Fuori dalla mia piccola palestra in centro a Milano, davanti ad un bar, dove il passaggio è tanto e frequente (oltre alla palestra, c'è una scuola) incontro spesso una signora dignitosissima, che chiede la carità. Ogni tanto la vedo chiacchierare con qualche signora e una volta mi sono fermata anch'io.
Le ho chiesto come mai fosse lì, perché non pensava a trovare una soluzione più dignitosa come fare la badante o le pulizie. Mi ha risposto che per lei era molto umiliante chiedere la carità ma che non aveva trovato altro. In effetti.....scema io a chiedere.

L'altra mattina due signore appena arrivate in palestra si lamentavano del fatto che lungo la strada avevano trovato tanta gente che chiedeva l'elemosina e che per strada è diventato impossibile camminare. Poi hanno aggiunto: ma hai visto che quella lì non c'è più? Chissà quanti soldi si è fatta!

Credo che fare la carità sia la cosa piu umiliante che ci sia al mondo. Ma credo che sia anche stancante e usurante quanto e più di un lavoro. Si sta al freddo o al caldo fermi per ore.

In Italia è cosa nota che spesso si tenda ad aggirare l'ostacolo, a non fare troppi sacrifici. A trovare la soluzione reputata migliore con il minimo sforzo. Tanti lavori considerati più umili, gli italiani non li vogliono fare.

Ma da qui a scegliere di fare la carità ce ne passa! Com'è possibile anche solo lontanamente pensare che sia una scelta di comodo? Che sia una scelta? Punto.
Non è una scelta. È ahimè una delle tante storture della crisi. Gente che prima aveva una vita normale e che all'improvviso si ritrova più che povera.

La signora in questione si umilia eccome e sono certa che se potesse farebbe altro. 

L'altra mattina era ancora lì, sotto la pioggia. Temo che non si sia fatta un sacco di soldi....

lunedì 10 novembre 2014

On line

Se voglio essere essere anch'io una blogger riconosciuta...una che dice la sua, devo necessariamente esporre il mio pensiero sull'uso di cellulari, smartphone e tablet.

Alzi la mano chi non ha mai pensato, detto o sentito dire, davanti a chi fa uso smodato e incontrollato di tali apparecchi, "come facevamo quando non c'erano i cellulari?".

Nessuno però si è mai chiesto come facevamo quando non c'erano le lavatrici!

Ho una risposta facilissima: quando non c'erano i cellulari non li usavamo e - probabilmente (fino a quando non sono apparse in mano ai più sofisticati - le prime cabine telefoniche portatili) - neanche li desideravamo.

Poi sono arrivati e - come accade con tutte le cose che migliorano la qualità della vita - ci siamo abituati, tanto che adesso non potremmo più farne a meno.

Il cellulare è subito diventato uno strumento di lavoro indispensabile al quale si sono aggiunti la posta elettronica, le chat e i social network. Da quando esistono smartphone e tablet è tutto a portata di mano. Tutti sono raggiungibili con un click!

Ho letto qualche sera fa (tramite Twitter su Il Post :-)) un articolo secondo il cui autore (anzi, credo fosse un'autrice) non esisterebbe una dipendenza da smartphone solo per il fatto che li si guarda tutte le sere (fosse solo quello!) e che nessuno parla di dipendenza dai libri pur essendoci persone che leggono tutte le sere. Menomale!

Premesso che la dipendenza dalla lettura se è patologica non va bene comunque non può essere giustificata dal fatto che un libro è più nobile di uno smartphone. È solo meno diffusa ma ci sono persone che leggono ostentando indifferenza mentre altri discutono oppure che leggono al cinema in attesa dell'inizio del film. Mi sono sempre chiesta il perché. Credo che per leggere ci voglia un minimo di concentrazione e che difficilmente si possa trovarla nella sala di un cinema, mentre la gente cerca il posto o chiacchiera. Mi sono quindi convinta che si tratti di supponenza. Di ostentata superiorità. Io non chiacchiero, io Leggo!

L'uso smodato degli smartphone, senza arrivare al tema della dipendenza, richiederebbe l'adozione di un codice di autodisciplina.

Nella via che si vede dalla finestra del mio ufficio ci sono solo persone che guardano il display, a volte leggono, sorridono, si arrabbiano. Altre volte rispondono. Non sono ancora andati a sbattere con un palo della luce, per il semplice motivo che in via Filodrammatici non ce ne sono!

Il problema è che tale attività continua spesso anche durante il pranzo o durante le riunioni.

Cosa pensereste se il medico mentre vi sta visitando si mettesse a guardare i risultati degli esami di un altro paziente?

Il codice di autodisciplina dovrebbe consistere nel sapere valutare l'urgenza e il momento opportuno.
Nel non rispondere al telefono se si è impegnati in un'altra conversazione (adesso si vede il numero di chi ha chiamato. Più facile di così!)

Sono regole banali eppure nessuno le applica.

Per non parlare poi delle telefonate urlate in tram, in metropolitana o in treno (io prendo sempre l'area silenzio).

Chi mi conosce sa che non sono riservata. Trovo stupido chi pensa che il mondo ruoti intorno a lui. Quando mi sento dire. Non dirlo a nessuno, il mio secondo pensiero è ma credi davvero che a qualcuno interessi?

Mai proprio perché non interessa a nessuno perché urlare i propri fatti ai quattro venti?


lunedì 27 ottobre 2014

Siamo tutti gaffeur.....

Capita spesso a tutti, direi spessissimo, di sentirsi fare domande poco appropriate per non dire inopportune. La domanda sorge spontanea.....perché?
Perché certe persone non pensano prima di parlare? Perché non ricordano il detto: prima pensa, poi parla perché parole poco pensate portano peso?

A pensarci bene però questo pensiero ci viene quando siamo noi a subire la domanda inopportuna.
Io per esempio avevo una collega che tutte le volte che mi vedeva (e dico "tutte") mi chiedeva se per caso fossi zoppa. A parte il fatto che non lo sono ma ho soltanto un fastidioso (per me e non per lei!) problema al femore che quando sono stanca mi porta a trascinare un po' la gamba, non mi sono mai chiesta veramente cosa la spingesse ad insistere.

E quando invece siamo noi a fare la domanda? Per esempio a chiedere alla giovane coppia, sposata ormai da qualche anno, come mai non abbia figli?

Non è che per caso tante domande si fanno senza pensarci troppo? Così per il puro gusto di fare conversazione, magari anche sforzandosi di mostrarsi gentili e interessati?

Troppo spesso pensiamo - a torto - di essere al centro degli altrui pensieri. E invece, come è scritto sull'ultima pagina del bellissimo libro di Sandro Veronesi "caos calmo", la gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo.

Prima di offenderci dovremmo sempre fermarci a riflettere.

Quando avevo i capelli corti corti a causa della chemio, un'amica mi disse, senza pensarci troppo: stai bene! Assomigli a quella cantante, Giuni Russo.
Giuni Russo era morta qualche settimana prima proprio per cause simili a quelle che avevano colpito me. Potevo offendermi o restarci male. E invece le ho detto no ti prego....io voglio vivere!

Lei solo a quel punto ha realizzato e ci siamo fatte una grande risata.

Ci sono ovviamente anche i casi di chi offende volutamente (quella non è gaffe, è cattiveria!). Ma in quel caso a soccorrerci arriva quel genio incompreso di Anna Tatangelo che una volta disse a Morgan...quando la persona è niente l'offesa è zero!

martedì 7 ottobre 2014

Il closing

Nelle ultime settimane sono stata assente dal blog e dalla mia vita lavorativa di tutti i giorni (con grande dolore del collega di stanza che si lamentava perché non lo ascoltavo) perché ho dovuto preparare un closing. Me ne sono occupata io perché c'erano aspetti concorsuali da verificare e considerare nel corso di tutta l'operazione.

Devo dire che mi sono anche divertita.

Ieri sera finalmente abbiamo firmato a Livorno....dopo una lunga giornata iniziata presto, intervallata da pranzo in autogrill e conclusasi con cena sempre in autogrill. 

Stamattina mi sono ricordata che tempo fa un Notaio di Milano aveva scritto un testo molto divertente e soprattutto vero proprio sul closing.

Eccolo qui:

Avete notato che, ultimamente, quando telefonate a quei notai un po’ spocchiosi che vengono da quella città d’Italia dove fanno di tutto per attirarsi le antipatie dei colleghi (che colgono senza esitazioni la palla al balzo), le loro centraliniste (mani curate e minigonna, senza panino alla frittata nel cassetto) non rispondono più “il notaio sta stipulando”, ma “il notaio è impegnato in un closing”?
Che cosa sarà mai sto misterioso closing? Cosa avrà mai di diverso da una normale stipula, da consentire alla centralinista di farsi ancor più bella usando un’espressione inglese?
Perché una stipula sia definita “Closing” è necessario che siano soddisfatti contemporaneamente alcuni requisiti.

1) Devono essere coinvolte una pluralità di figure professionali e soprattutto non meno di una decina di avvocati che avranno cura di designare il notaio comunicandogli una data prossima e non modificabile. Che il notaio abbia fisssato altri appuntamenti è variabile non considerabile.

2) Deve essere garantito ai professionisti coinvolti (ma anche, anzi soprattutto alle banche) il pagamento di fees (non ci si azzarsi a chiamarle parcelle o commissioni) per un importo totale che si avvicina al PIL di uno stato africano. Quanto al notaio, al massimo ci si sorprenderà, perché chiede che siano in breve tempo rimborsate quelle migliaia di euro che è costretto ad anticipare all’Agenzia delle Entrate.

3) Deve avere elementi di internazionalità conclamata o indotta. Per non svilire il Closing, quando nessuno dei soggetti coinvolto ha sede fuori dalla cerchia dei navigli, si cerca perlomeno di stipulare il finanziamento a Lugano o di fare in modo che intervenga un soggetto cui sono stati conferiti poteri con procura bilingue (anche se rilasciata da società italiana con atto di notaio italiano). Si narra in città di un preclosing (cioè di un appuntamento in cui si controlla che tutte le carte sia a posto) in cui dopo un’ora di conversazione in inglese un temerario osò chiedere se fosse presente alla riunione qualcuno non italiano, ricevendo risposta negativa. E’ comunque indispensabile che le e-mail (circolarizzate ad almeno una ventina di persone) siano scritte in inglese.

4) Deve essere utilizzato un linguaggio iniziatico che i neofiti, per essere ammessi al “deal” devono fingere di capire pena pesanti sanzioni sociali. I finanziamento (sorry “loans”) deivisi in “linee” sono “senior” o “bridge” e comunque in quanto “leva” si “tirano”. Il consiglio è sempre “board”, le telefonate sono in “conference”; quando si presenta l’avvocato del “mezzanino” bisogna abbozzare dando l’impressione di avere la situazione sotto controllo. Pegni ed ipoteche non si cancellano, ma si “rilasciano” e l’equivoco in cui può cadere chi considera rilasciare sinonimo di concedere può portare a conversazioni surreali.

5) I contratti non possono prescindere da un congruo apparato di promesse (a volte chiaramente indispensabili come quando, molto opportunamente si precisa che il “venditore ha intenzione di vendere e il compratore ha intenzione di comprare”) e di definizioni. Sbaglia chi pensa di trovare nelle definizioni la chiave di decrittazione del linguaggio da iniziati di cui al precedente punto; al massimo scoprirà che “Prezzo: è la somma pagata quale corrispettivo dall’acquirente al venditore”. Pensi piuttosto a controllare che tutte le parole definite siano scritte con l’iniziale maiuscola.

6) Deve essere garantito un servizio di catering. Non ci si deve però aspettare una proporzionalità tra qualità del cibo e vantaggi dell’affare concluso. Ricordo di una meravigliosa tempura di gamberi offerta in terrazza da una banca che si è poi amaramente pentita del finanziamento concesso. Al contrario, in occasione di una delle più riuscite operazioni di Private Equity realizzate in Italia, furono somministrati panini la cui digestione si è rivelata più laboriosa del rimborso dei finanziamenti

Solitamente i closing vengono fissati (anzi prenotati) e disdetti un paio di volte, prima che arrivi il fatidico giorno in cui l’agenda deve essere “barrata” perché i partecipanti al closing non sopportano l’interruzione neppure per un atto notorio.
L’appuntamento è fissato per la prima mattina, ma fino alle 11 non si può partire perché qualcuno è inesorabilmente bloccato in autostrada o perché l’aereo non è ancora atterrato.
Nel frattempo in convenuti si dedicano alla consultazione dei laptops, a conversazioni al cellulare o alla semplice lettura dei quotidiani.
Quando squilla un telefono tutti si gettano sul loro blackberry sul quale, con originalità, hanno impostato la medesima suoneria (quella che riproduce il trillo dei telefoni in bachelite e che rimanda alla prima scena di “C’era una volta in America”, quella con De Niro nell’oppieria). Sarà un successo se, a fine giornata, tutti andranno a casa col loro telefono e non con quello identico del vicino di posto.
Completato il raduno, segue un non breve momento di sbandamento in cui nessuno si decide a prendere il comando (Regia, in maiuscolo, secondo il metodo delle definizioni) delle operazioni, ossia a brandire quella tabella di Word (Closing Agenda) nella quale sono dettagliatamente elencate, in ordine cronologico, le attività di giornata ed i soggetti, in ciascuna di esse, coinvolti.
In questa prima fase l’attività notarile, esclusiva se la regia è affidata ad altri, non è tanto volta al controllo di legalità o all’adeguamento (perché sui testi si è lavorato per giorni con scambi di bozze), ma ad una più prosaica protezione degli originali dal rovesciamenti di caffè che è veramente indelebile, ma non nero come prescrive il Regolamento Notarile e quindi non idoneo alla scrittura.
Si passa quindi alla fase della lettura degli atti (durante la quale i soli ad essere attenti sono coloro che non firmeranno, cioè gli avvocati) ed a quella della sottoscrizione riguardo alla quale rimane inspiegabile il sottile piacere che precisano “ma se è leggibile non è la mi firma” o che tentano di ottenere dal notaio uno sconto consistente nell’autorizzazione a “siglare” o “inizializzare gli allegati”.
Quando arriva il momento della firma più importante, quella da apporre sul trasferimento della proprietà, le parti si irrigidiscono sulle loro posizione, pronte a far saltare un affare al quale hanno lavorato per mesi.
“Io non firmo se non vedo i soldi”
“Io non pago se tu non firmi”
Perché i soldi del closing, non sono mai rappresentati dai vecchi e concreti assegni circolari, ma affidati ad un bonifico che, se va male, deve arrivare dall’estero.
Soccorre allora l’esperienza dell’avvocato che ne ha visto molte, il Senior Partner dello studio internazionale, che ha pronta la magica soluzione: “adesso firmiamo facciamo partire il bonifico e lei, notaio, tiene fermo l’atto fin quando non arrivano i soldi”.
Tenere fermo?! Hai voglia a spiegare le regole dell’atto pubblico, che i contratti firmati non si tengono fermi ma al limite si risolvono, l’unica soluzione sembra quella di mostrare apprezzamento per la raffinate soluzione giuridica proposta.
Parte allora la lunga attesa del bonifico solitamente coincide con il pranzo (circostanza utile a far pensare “che il collega si è reso comunque disponibile anche durante la pausa”) e con la seconda parte dell’attività notarile di vigilanza sull’originale, che si concreta dapprima sulla maionese che sbrodola dai panini per passa alla Coca Cola e ritornare infine al caffè.
Personaggi centrali di questa fase diventano i funzionari di banca che, dopo aver atteso come la manna la comunicazione del numero di CRO, si collegano con il digiunante collega della sede chiedendo “Li vedi? (i soldi ndr)”, mentre tutti gli altri cercando di indovinare la risposta dall’espressione del viso.
La tensione si impadronisce allora della sala per un qualche tempo fino a che, quasi che le banconote fossero arrivate svolazzando come il tappeto di Aladino, funzionario conferma che “li vede”.
Si scioglie allora in un sorriso il viso del venditore che vede il suo conto aumentare di svariati milioni di euro (ricordiamo che fino a pochi minuti prima non si fidava ad apporre la firma sul contratto mentre ora si sente garantito da una telefonata al cui altro capo potrebbero esserci amici del mago Do Nascimento), si stringono le mani e si stappa la bottiglia, mentre di corsa tutti si salutano, infilano le giacche e cercano di raggiungere la porta, inseguiti dagli strilli del notaio cui rimane da verbalizzare un assemblea totalitaria di trasferimento sede, raccogliere le firme sui modelli Fedra, far firmare i libri sociali di cui deve rilasciare estratti certificai in giornata e portare a termine altre formalità di cui tutti ormai si disinteressano.
Si allontana per ultimo il notaio, con la borsa piena di atti da registrare, anticipando le imposte, la mattina seguente, pensano al collega del distretto vicino, quella con la centralinista bruttina, che quello stesso giorno ha stipulato qualche vendita di condominio con mutuo, totalizzato un repertorio minore (così non avrà da temere neppure l’aumento delle sedi) ed incassato subito più si quanto lui, per il closing, incasserà tra qualche mese.

giovedì 25 settembre 2014

Merci pour ce moment

Mi sono sempre chiesta, soprattutto nel caso delle coppie 'reali', cosa potesse spingere una donna indipendente e affermata a legarsi ad un uomo (principe o futuro re) con una vita privata inesistente. Dentro di me ho sempre pensato: ma se hanno la loro vita perché devono perderla? Perché devono rinunciare alla loro libertà? Perché devono vivere sempre sotto i riflettori?
Se questo infatti puoi essere 'utile' a chi non ha nè arte nè parte o a chi è molto giovane (pensiamo alla fidanzata del nostro ex premier o alla moglie del futuro - se mai ci arriverà - re d'Inghilterra) non riesco proprio a comprenderlo per chi potrebbe vivere e far carriera lontano dai riflettori e soprattutto liberamente. Sarà l'amore? È possibile!

Ma quello che proprio non comprendo è cosa possa spingere una donna intelligente (ma lo stesso varrebbe per un uomo) a buttare in piazza i propri sentimenti. A lavare i panni sporchi in pubblico. Non c'entra niente con il volere essere famose. Ci sono milioni di donne famosissime e affermate che non scrivono libri sui loro fatti privati, che non scrivono lettere ai giornali e che - nei limiti del possibile - tengono separata la loro vita privata da quella 'necessariamente' pubblica.

Non ho letto il libro di Valerie Trierweiler (ma l'ho appena prenotato su Amazon) e quindi non posso giudicarne i contenuti ma quello che posso giudicare è il gesto. Un gesto che non è isolato ma ne segue altri. Tutti caratterizzati da pochissima riflessione, molta voglia di mettersi in mostra, pochissima sensibilità, nessun rispetto per il prossimo e per il proprio compagno (e il suo passato). Insomma l'ex (quasi) signora Hollande non ha nulla della first lady (Veronica al suo confronto era un raro esempio di riservatezza e compostezza) ma appare come una donna poco intelligente e impulsiva. Non parliamo di una ragazzina sprovveduta, parliamo di una giornalista, di una che l'arte della comunicazione dovrebbe conoscerla bene.

Nessun giudizio sul fatto che sia diventata l'amante di Hollande anzi é apprezzabile che lui si sia poi separato e che l'abbia presentata al mondo come premiere dame nonostante non fossero sposati e lei di non potesse avere questo ruolo ufficiale.

Valerie avrebbe dovuto fare quello che fa una first lady senza esporsi troppo, soprattutto in ambiti che riguardavano la scena politica occupata dal marito.
E invece no. Ha esordito via Twitter dando pubblicamente il suo sostegno al rivale di Ségolène Royal durante la campagna elettorale per le elezioni legislative francesi. 
Qui vengono in mente due cose: la moglie di un presidente della repubblica non dovrebbe schierarsi apertamente con nessuno che non sia a sua volta sostenuto dal suo compagno, il quale compagno, peraltro - in quanto presidente della repubblica - non dovrebbe apertamente sostenere nessuno.
Ma a questo si aggiunga, e la cosa è ben più grave, che Ségolène Royal è stata per lungo tempo la compagna di Hollande e che è la madre dei suoi quattro figli. Un pò di rispetto, No?

Nel periodo in cui è stata vicina ad Hollande non si è mai distinta per discrezione fino a quando ha subito (non se ne era accorta prima?) un tradimento pubblico.

Tutte le donne, nessuna esclusa, l'avrebbero sostenuta e compresa se avesse sofferto in silenzio, se avesse preso atto di essersi messa con un cretino che gira in motorino non curante del suo ruolo; se fosse passata oltre giungendo alla logica conclusione che se lui le preferiva una giovane attrice probabilmente non la meritava.

E invece no. Malore melodrammatico, ricovero e libro-scandalo (scritto in poche settimane).

Chissà perché adesso le donne sono meno solidali con lei?
 


martedì 16 settembre 2014

I nostri ragazzi

Primo film della nuova stagione visto con George in un sabato pomeriggio di questo settembre che si sta rivelando il mese più piacevole di un'estate che non é mai veramente iniziata.
Il film (regista: Ivano De Matteo - con Alessandro Gasmann, Luigi Lo Cascio, Giovanna Mezzogiorno e Barbara Bobulova) è liberamente tratto da un libro di Herman Koch (La cena, ed. Neri Pozza, 2010) e racconta la storia di due coppie della media borghesia romana che si trovano ad affrontare un dramma inaspettato. I figli, due ragazzi adolescenti, hanno picchiato fino al coma (cui seguirà la morte) una vecchia senza tetto sol perché era appoggiata alla macchina elettrica di uno dei due.

Il film, con attori bravissimi è lo specchio di una realtà vicinissima a tutti quelli che hanno figli adolescenti e che sono più o meni colpevoli di averli viziati, di non averli mai veramente responsabilizzati. Di proteggerli sempre e comunque.

Per i genitori di oggi se un figlio va male a scuola è colpa dei professori. Ai nostri tempi era colpa nostra e non si andava alle feste per punizione.

Per i genitori di oggi il fatto che i figli siano spesso maleducati ed indolenti, è normale. È l'età.

I genitori del film fanno di più o pensano di farlo. Si chiedono se sia giusto denunciare l'accaduto quando forse non si scoprirà mai l'identità dei colpevoli. 
Si chiedono se sia meglio insabbiare e fare finta che nulla sia accaduto oppure se sia meglio che i ragazzi paghino per quello che hanno fatto perché solo così cresceranno davvero.

I veri protagonisti del film sono proprio i genitori. I ragazzi per quanto insulsi e disadattati sono la loro espressione. 
Genitori che non hanno tempo, che colmano i sensi di colpa con i regali, che fingono che tutto vada bene anche se il figlio guarda fiction violente e sembra divertito.

I genitori sono i classici genitori d'oggi e oltre ad essere genitori rispecchiano, nelle diverse tipologie, perfettamente la realtà. Gli intellettuali, quelli che con il loro lavoro aiutano il prossimo (il medico e la moglie esperta d'arte) sono in fondo invidiosi della coppia più ricca e apparentemente cinica (l'avvocato con la moglie giovane e carina) che invece si rivelerà la più autentica. Ma dove è scritto che chi fa un lavoro ben retribuito debba per forza essere uno stronzo e dove è scritto che la di lui moglie debba per forza essere cretina?
Da nessuna parte....ma è questo che in fondo si pensa di queste persone. Sempre.

domenica 7 settembre 2014

L'altra

Durante le vacanze ho letto un bel libro (non avendo potuto fare la lista dei libri da portare sotto l'ombrellone, farò in un prossimo post - in controtendenza - la lista dei libri da tenere sul comodino).

L'altra, è un romanzo di Elvira Serra (giornalista del Corriere della Sera) edito da Mondadori che tutte le donne single incappate in una storia d'amore con un uomo sposato dovrebbero leggere.
Per sentirsi meno sole, per capire che i 'non posso', ' stasera non riesco', 'ti chiamo quando posso parlare' non li dice solo il 'loro' uomo ma tutti gli uomini impegnati. Perché è così che funziona, purtroppo. Perché un uomo impegnato ha un'altra vita strutturata con un'altra donna (che nel 90% dei casi ha scelto in quanto innamorato) e dei figli. 
Il traditore seriale forse è un più disponibile ma chissà perché, di rado ci si innamora perdutamente di un traditore seriale. 
Non posso qui indagare sui motivi che spingono un uomo sposato a cercare un'altra donna con la quale avere una relazione stabile (magari neanche la cerca).
Posso immaginare che alla stabilità di un rapporto di lunga durata nel quale l'innamoramento non è stato tanto forte da trasformarsi in amore, quest'uomo preferisca (direi giustamente) una storia di amore vero che torni a farlo vivere come un tempo. 
Posso immaginare che l'amore per la moglie non sia stato coltivato a dovere, che ci sia persi lungo la strada. Che non si sia cresciuti insieme.

Credo sarebbe ingiusto dire (soprattutto nei confronti delle donne che stanno dall'altra parte) che un uomo sposato superati i quarant'anni si innamori di un'altra donna per noia o per combattere la monotonia. Credo che si innamori e basta. Senza farsi troppe domande. Quelle arrivano dopo quando la storia si fa più seria.

Ho già detto più volte che il mondo è pieno di uomini liberi. Ci sono però uomini liberi molto meno attenti di quelli sposati. Gli eterni peter pan, per intenderci....

Insomma non c'è una regola ma quello che bisogna fare è cercare il più possibile di evitare le sofferenze. Sapere che la strada che si sta iniziando a percorrere potrà essere anche molto impervia e che il lieto fine non è sempre scontato.
L'amica dell'amica a cui è successo questo o quello non deve servire da alibi per giustificare errori e incaponimenti. È giusto invece sapere che ogni storia è a sè. È giusto sapete che potrà andare bene ma non è detto anzi la statistica dice il contrario.

C'è poi un altro punto di vista interessante. 
Una persona che conosco sta con un uomo sposato da sempre. Lui non si separa (non so perché) e lei non glielo chiede neanche più. Le va bene così. Sostiene che lei ha solo il bello di lui, che la loro storia è sempre una luna di miele e che in fondo il matrimonio e tutti i rapporti stabili diventano monotoni mentre il suo non lo è.

È una terza soluzione in effetti. Devo dire poco scelta dalle donne. Chissà perché ....

domenica 31 agosto 2014

Cappuccino, spremuta e brioche

Questa è la mia colazione preferita. Non posso fare sempre colazione al bar perché preferisco farla appena sveglia e poi con calma prepararmi per andare in palestra. Ma quando posso mi piace moltissimo (forse anche perché non lo faccio spesso!)
Da domani si ricomincia e allora questa giornata deve essere all'insegna del relax, delle cose fatte piano (per questo non mi è mai piaciuto rientrare dalle vacanze estive il giorno prima del rientro in studio), dell'organizzazione e - soprattutto - della gratificazione.

E così stamattina sveglia presto (non all'alba ma verso le 9), camminata per 2,5 km fino ad una pasticceria, colazione, lettura dei giornali e anche una mezzoretta dedicata alla revisione di un documento di lavoro.
Mi é sempre piaciuto lavorare, o meglio leggere e rivedere, nei bar. Quando sono fuori Milano lo faccio spesso. Ovvivamente deve trattarsi di sala da tea, di una pasticceria o comunque di un posto tranquillo. Un pub o un locale con la musica a palla durante l'happy hour - ca va sans dire - non va bene.
Questa mattina era abbastanza tranquillo pur essendo la prima domenica dopo le vacanze. Ho soltanto dovuto fulminare con lo sguardo una mamma che non rimproverava il figlio che correva in mezzo ai tavoli. Ha smesso in un nano secondo ed io sono stata a mia volta fulminata da lei che avrà pensato ma questa cosa leggerà di così importante. Non può farlo a casa sua?

Quando mi fermo a lavorare nei bar ordino le mie cose preferite e mi concentro benissimo. Non squilla il telefono (questa mattina ho lasciato a casa il cellulare), nessuno entra in stanza per chiedermi se ho un minuto iniziando a parlare prima che io abbia risposto, e non ci sono altre cose da fare se non concentrarsi. Ogni tanto lo faccio anche in studio andando giù al lounge bar interno: mi preparo una tisana e leggo in attesa che si raffreddi. 

Il rientro a casa è stato più faticoso anche perché mancava l'obbiettivo colazione. Ma adesso sto recuperando spaparanzata sul divano a scrivere questo post!

Buon rientro a tutti!

ps a Milano la brioche è il croissant o cornetto. Non ho mai capito perché qui la chiamino brioche e le prime volte pensavo con nostalgia alla nostra brioche con la granita o con il gelato. Una volta in un bar ho sentito una persona che alla cassa diceva: pago un cappuccino e un cornetto.  La cassiera ha risposto seria: mi deve dire brioche altrimenti le faccio pagare un cornetto algida! Ora, a parte il fatto che la mattina d'inverno un cornetto algida con cappuccino non lo prende nessuno, avrei voluto dirle. Ma sei scema? Lavori in un bar e non sai che in tutta Italia si chiama cornetto? Questi Milanesi!

martedì 12 agosto 2014

canta che ti passa....

L'estate non decolla e le vacanze "vere" non sono ancora arrivate.
Sarà per questo che quest'anno mi sento ancora in sospeso con un perenne senso d'inquietudine come il protagonista del film di Virzi' 'ovosodo', con un uovo sodo in gola che non va ne' su ne' giù!

Qualche giorno fa mi trovavo per una breve vacanza in un piccolo paesino in provincia di Salerno (Curti, Frazione di Giffoni Valle Piana) ospite a casa di amiche.
Mentre tutti si preparavano per l'aperitivo io ho sentito le note di una canzone che mi ha sempre messo di buon umore. Arrivavano da un edificio situato qualche metro più avanti.

Ho salutato George e gli altri e ho detto che sarei andata a fare un giretto.

Mi sono fatta giudare dalla musica e mi sono ritrovata in una stanzetta insonorizzata alla meno peggio con cinque amici che si divertivano a provare le canzoni che avrebbero dovuto suonare ad una festa di piazza di lì a pochi giorni.
Ho chiesto permesso e mi hanno fatto entrare. Immediatamente si sono presentati e hanno chiesto il mio nome.

Mi sono divertita moltissimo a canticchiare con loro 'O Sole mio e Malafammina (il cantante quando si è accorto che sapevo tutte le parole mi ha dato il microfono ma ho dignitosamente rifiutato. Sono troppo stonata!)

A volte basta davvero poco.

Dedico a tutti i lettori del blog, con un pensiero di speranza, la canzone che mi ha portato dai miei nuovi amici.

Paese mio che stai sulla collina
disteso come un vecchio addormentato
la noia l'abbandono
niente son la tua malattia
paese mio ti lascio e vado via
che sarà che sarà che sarà
che sarà della mia vita chi lo sa
so far tutto o forse niente
da domani si vedrà
e sarà sarà quel che sarà
amore mio ti bacio sulla bocca
che fu la fonte del mio primo amore
ti do l'appuntamento
come e quando non lo so
ma so soltanto che ritornerò
che sarà che sarà che sarà
che sarà della mia vita chi lo sa
con me porto la chitarra
e se la notte piangerò
una nenia di paese suonerò
Gli amici miei son quasi tutti via
e gli altri partiranno dopo me
peccato perché stavo bene in loro compagnia
ma tutto passa tutto se ne va
che sarà che sarà che sarà
che sarà della mia vita chi lo sa
so far tutto o forse niente
da domani si vedrà
e sarà sarà quel che sarà
che sarà che sarà che sarà
che sarà della mia vita chi lo sa
so far tutto o forse niente
da domani si vedrà
e sarà sarà quel che sarà
Che sarà sarà


Buone vacanze a tutti .....il blog torna a settembre.
 

domenica 27 luglio 2014

Chi fuma uccide anche te.....digli di smettere!

La legge che vieta il fumo nei luoghi pubblici è in assoluto la più rispettata. Da quando è entrata in vigore nel 2003 tutti la osservano anche se qualcuno a malincuore.
Quando ero ragazzina non c'erano ancora le frasi (che nessuno legge!) sui pacchetti di sigarette tipo il FUMO UCCIDE, IL FUMO PROVOCA MALLATTIE CARDIVASCOLARI, ecc. 
Si fumava dappertutto e nessuno ci faceva caso.

Iniziare a fumare da ragazzi dipendeva molto dalle persone che si frequentavano. Poiché si fumava in macchina e in ogni altro luogo, se i tuoi amici o il fidanzato fumavano allora iniziavi a fumare anche tu.
Io per fortuna non ho iniziato. Le mie amiche non fumavano e neanche i fidanzati dell'epoca.

A casa mia però fumavano 'quasi' tutti. 
Mia madre fumava Multifilter blu. Sul divano ci aspettava la sera quando tornavamo e le facevamo compagnia per l'ultima sigaretta. Se poi la discussione si faceva interessante perché lei aveva qualche lezione di vita da darti, le sigarette potevano diventare due e anche di più.
Mio padre fumava due pacchetti di Dunhill lunghe al giorno. Iniziava la mattina e quando era lui ad accompagnarmi a scuola, dai gesuiti, padre Perricone mi diceva che puzzavo di fumo. Fumava anche nell'ascensore del palazzo in cui abitavamo e hanno dovuto montare un posacenere proprio per lui.
Mio fratello Guido ha iniziato a fumare da ragazzo e come tutti i suoi amici e le sue fidanzate.
Andrea invece, probabilmente perché - per le ragioni che ho detto - non è capitato o forse per paura (Andrea è un fifone e un ipocondriaco) non ha mai fumato.

I miei genitori - sempre avanti-  hanno smesso di fumare da oltre vent'anni. Molto prima della legge e non hanno mai ripreso.

Il bello della legge è che anche se vieta il fumo nei luoghi pubblici, la maggior parte delle persone non fuma più neanche in casa. Si fuma sul balcone o in giardino e questo ha fatto sì che molti abbiano smesso di conseguenza. In effetti che piacere c'è?

Quello che mi sono sempre chiesta in questi dieci anni è che piacere ci sia a fumare da soli al freddo in luoghi spesso sporchi e maleodoranti. Un mio collega fumava in garage in mezzo alle macchine, altri fumano nei balconcini interni. E anche al ristorante si esce per strada a fumare.

Non si vedono più, neanche nei film, quelle scene fumose di sigarette tra un chiacchiera e l'altra.

Perché non approfittarne per smettere?

domenica 20 luglio 2014

Ho sposato un milanese!

Oltre ad aver sposato George Bush (http://liuzza.blogspot.it/2012/05/ho-sposato-george-bush.html) ho sposato un milanese. Non ho sposato due persone diverse, più semplicemente il mio George è nato e vissuto a Milano.
Anni fa quando arrivai a Milano un'amica di Napoli mi regalò un libro di Massimo Lolli (scrittore napoletano) Innamorarsi di una milanese, che metteva in evidenza le differenze in una relazione tra provenienze geograficamente diverse.
Diverso è il modo di porsi, di valutare le reazioni. Diversi sono i comportamenti, i modi di fare e di dire. Diverso è il significato che si attribuisce alle cose.

Molti dicono che io per il mio temperamento, per il mio essere precisina (come mi ha definito Giada in un tema fatto alle elementari), per la mia puntualità e sistematicità, sembro più milanese che siciliana. Anche no!
È vero l'efficienza e l'ordine di Milano mi piacciono molto e sono contenta di vivere qui.
Non mi piace invece e non mi abituerò mai, la mancanza di slancio e di spontaneità. La programmazione di ogni cosa. La praticità contrapposta al bello. L'utilità contrapposta alla futilità.

George per esempio....ed è una delle cose di lui che mi è sempre mancata, se viene a prendermi in aeroporto o in stazione mi aspetta fuori. Nonostante sappia quanto a me piacerebbe venisse al binario o agli arrivi. Niente da fare. È più forte di lui. Perché parcheggiare se poi tanto io arrivo e ci vediamo lo stesso e magari ce ne andiamo a cena fuori? In effetti....
Il fatto che a me faccia piacere conta forse ma molto meno del dover parcheggiare, entrare e fare una cosa che per lui è inutile! E quando glielo dico (anzi glielo dicevo perché ormai ho perso le speranze) lui mi spiegava in modo logico e convinto pro e contro del suo comportamento (parcheggio, multa, pagamento, ecc.). 
In effetti non fa una piega...ma mi dispiace pensare che invecchierò sognando un uomo che mi aspetti a braccia aperte all'arrivo. 
Anni fa sono andata in crociera con delle amiche e la nave al ritorno arrivava a Palermo. Poi avremmo preso il pullman per Messina. Papà, che all'epoca lavorava a Palermo, è venuto al porto con un mazzo di fiori e mi ha fatto una sorpresa.

Anche George mi ha fatto mille sorprese, per tanto tempo quando ci siamo trasferiti e non avevo la macchina veniva a prendermi e spesso lo fa ancora. Si lamenta perché lo faccio aspettare ma in fondo scherza. 

Ma nonostante ciò la scena di lui che aspetta lei al binario o che l'accompagna resterà per me solo nei film (da Frankestein Junior a Harry ti presento Sally) e nelle canzoni (prima fra tutte 7.40 di Lucio Battisti).

Sicuramente invecchierò con George ma potrei cambiare idea se trovassi qualcuno disposto a sopportarmi e a venire a prendermi al binario!

domenica 13 luglio 2014

Luglio col bene che ti voglio!

Luglio è un mese di m....

A luglio si lavora di più degli altri mesi.
- sin dai primi giorni del mese tutti impazziscono con richieste che devono ASSOLUTAMENTE e NECESSARIAMENTE essere completate entro fine mese. È vero poi si va in vacanza. Ma le vacanze durano al massimo 3 settimane e comunque ormai è difficile che non si riesca anche da fuori - se proprio necessario - leggere e rispondere a qualche email. Alla fine succede che si fa il possibile per completare tutto e ad agosto arriva comunque la 'sola' o l'emergenza mentre si è in vacanza. 
- a Milano fa buio dopo le 9 e quindi si resta al lavoro semplicemente perché non ci si accorge che è tardi;
- bambini e figli in genere sono al mare, con i nonni o in vacanza studio. Perché ché non approfittarne e restare al lavoro un po' di più?

A luglio si pagano le tasse.
Dall'IRPEF alla Cassa Avvocati, a luglio si pagano più tasse di quanto si guadagna in quello stesso mese.

A luglio si muore di caldo e non sempre si può andare al mare per le esigenze di lavoro di cui sopra.

A luglio ci sono le zanzare.

A luglio si è stanchi e irritabili perché il fisico e la mente sentono la fatica di un anno e sperano di poter staccare presto.

A luglio si ingrassa perché si beve e si cena fuori più spesso.

Quest'anno poi per i metereopatici come me è ancora più pesante. Il tempo è instabile. Non si fa in tempo ad abituarsi al caldo che non solo arriva l'acquazzone ma addirittura il freddo. 

E così accade che a fine luglio si arriva stanchi, senza soldi, un po' sovrappeso e pure incazzati! 



mercoledì 2 luglio 2014

Ma secondo te è gay?

Chissene direbbe Giada. Ed io con lei.
L'altra sera ad una cenetta siciliana tra amici non so perché è venuto fuori il nome di George Clooney. Forse perché si pensava fosse il mio George? No, Il mio è George Bush! Forse qualcuno ha chiesto un Nespresso o qualcun'altro ha parlato di Como. Non lo so. Fatto sta che si è detto che il suddetto George sia in procinto di sposarsi e che sarebbe un matrimonio di copertura. È possibile. Forse è vero. E se così fosse lo troverei assurdo.
Non riesco mai ad esprimere liberamente questo concetto perché faccio fatica a spiegarmi. 
Il punto però è questo. Mi sono sempre chiesta perché si debba fare outing. O meglio perché ci si debba interrogare sulle tendenze sessuali di qualcuno. 
Mi sono sempre chiesta perché mio fratello Guido che è mancino non abbia sentito l'esigenza di comunicarlo worldwide, se non al suo maestro delle elementari, mentre ad un gay (è solo una caratteristica della persona non una differenza), si chiede di fare outing.

L'essere gay o etero non dovrebbe essere comunicato in modo ufficiale ma semplicemente reso noto alle persone con cui ci relazioniamo nè più e nè meno come quando si comunica qual è il proprio lavoro, l'età o la città di nascita.

Cosa vuol dire fare outing? E soprattutto a che serve?

Al concerto di Miley Cyrus pare che ad un certo punto abbia chiesto a tutti i gay di baciarsi. Ma perché non lo ha chiesto a tutte le coppie presenti o a tutti quelli che sia amavano? Perchè non lo ha chiesto - e questa sarebbe stata la vera trasgressione - a tutti quelli che ne avevano voglia? 

Interrogarsi sulle tendenze sessuali di qualcuno significa volerne mettere in evidenza le differenze e quindi considerarli diversi. Ma diversi da chi? 
Chi siamo noi per sentirci dalla parte degli uguali.

La differenza è un valore non la base per una discriminazione. 
L'essere gay o etero è riduttivo. È importante invece, se ci interessa di qualcuno, sapere che ha un compagno o una compagna semplicemente perché è parte della sua vita. 

Una volta ad una cena di lavoro ad Amsterdam, mentre si parlava di figli, ho chiesto ad un collega:  Do you have children?  E lui mi ha detto: no, I have a boyfriend.
È così che dovrebbe funzionare. Sempre.


domenica 22 giugno 2014

Non me ne frega niente...

Venerdì pomeriggio ho deciso che avrei visto la partita in studio insieme ad alcuni colleghi. Per arrivare a casa in tempo sarei dovuta uscire presto e avevo un paio di cose da finire prima del we.
Verso le 17.30 mi sono ricordata che dovevo ritirare le lenti a contatto e sono uscita per poco tempo. Le strade iniziavano ad essere vuote e nel negozio di ottica c'era il deserto dei tartari.
Allora ho chiesto: ma voi non la vedete la partita? E loro mi hanno risposto: No, purtroppo No. Chiudiamo alle 19. Allora tanto per scherzare l'ho buttata lì dicendo ma dai chiudete prima tanto non verrà nessuno. In quel momento è entrato un signore ed io, sempre continuando a scherzare, gli ho detto: lei li libera entro le 18, vero? E lui mi risponde a me della partita non me ne frega niente, ma se devono andare! 

Io non sono una grande tifosa né una grande appassionata di calcio (tifo per la Juve più per tenere vivo il legame con mio padre che per altro. Tanto è vero che non so bene neanche la formazione) ma non sopporto quelli che non tifano per l'Italia. O meglio non sopporto quelli che dicono: non me ne frega niente! Peraltro la mia domanda (ripeto, scherzosa) non è stata: scusi a lei interessa la partita?

Ci sono persone, e sono tante, che ostentano un'antipatia per l'Italia senza motivo. Io non tifo per l'Italia, non compro macchine italiane, non mi piace la musica italiana (come se la musica italiana fosse un genere musicale). 

I mondiali di calcio sono un momento di tifo bello. Lontani dalle tragedie degli stadi e dagli scandali del calcio scommesse. Ne capisco poco o niente quindi non mi dilungherò ma ho sempre avuto un ricordo bellissimo delle partite dell'Italia tra amici. Partite che uniscono tutti e che divertono e basta.
Poi dietro ai mondiali (pensiamo a Italia '90) ci sono troppi sprechi, tanti interessi economici e tante cose che con il tifo c'entrano poco o niente.
Ma checché se ne dica il calcio è il nostro sport nazionale ed è anche uno sport bello! 
Purtroppo la sua immensa diffusione e gli interessi economici che ci girano attorno hanno portato tante storture e tante cose che con il calcio e con lo sport in genere non dovrebbe avere niente a che fare. Ogni cosa che fa girare soldi ha i suoi lati negativi. Bisognerà trovare soluzioni serie per la sicurezza negli stadi e per arginare la violenza. Bisognerebbe introdurre limiti d'ingaggio o supporti degli sponsor per evitare il fallimento delle squadre. È tutto perfettibile ma non per questo bisogna dire non me ne frega niente dell'Italia. Soprattutto a chi non te l'ha chiesto.

L'anno in cui abbiamo vinto gli ultimi mondiali era stato l'anno degli scandali e l'Italia si è riscattata a Berlino. Mi piace ricordare quell'immagine di Cannavaro che alza la coppa al cielo e pensare che non è ancora finita.

A martedì 

martedì 10 giugno 2014

Di Michelle ce n'è una......

Giorgio Gori mi è tutto sommato simpatico.
Ha il volto e i modi del bravo ragazzo. Non è mai aggressivo, nè volgare. Ricordo quando circolarono gli sms (a proposito sono passati solo pochi anni e l'sms come strumento di comunicazione non lo usa più nessuno!) scambiati tra lui e Simona Ventura....erano frasi carine, tenere, mai volgari e finivano sempre con un TI AMO.
Acqua passata.
Lui è rimasto con sua moglie e lei, la moglie, ha deciso che non doveva stare dietro le quinte ...ammesso che mai lo avesse fatto.
E quindi qualche ritocchino, look giovanile e modaiolo, sempre in tiro...spesso mano nella mano con il marito.

Tutto normale.
Com'è noto, peraltro, io ammiro le donne che riescono a superare le crisi di coppia. Ammiro le donne che restano accanto ai mariti. Ammiro chi fa di tutto per salvare la propria famiglia.

Poi succede che il marito decide di abbandonare il mondo della televisione e di fare politica nella sua Bergamo dove è stato appena eletto Sindaco; anche qui nulla da dire sia perchè non conosco il suo programma politico sia perchè credo proprio che l'avrei votato.

Cristina vuole fare la first lady a tutti costi ma ahimè non è originale.
Parte con un libro..."Sei perfetta e non lo sai" che di originale non ha nulla. E' un elenco di abiti giusti da indossare al momento giusto e di consigli su look, abbinamenti, ecc. che ruota solo ed esclusivamente su di lei, sul suo guardaroba e sui suoi abiti firmati. E' una copia venuta male di un delizioso libro di Ines de la Fressange "La parigina" dove invece i consigli di look e non solo, da parte di una persona che di look, classe e stile se ne intende, ci sono eccome!

Poi, sempre Cristina, si lancia in esternazioni del tipo: Siamo i Kennedy di Bergamo...no comment!
Ed infine si fa fotografare con lo stesso vestito di Michelle Obama e per giunta nella stessa posa, in occasione del successo elettorale del marito!


Ma perchè? Cosa ha voluto dimostrare? Che è capace di acquistare abiti cheap come spesso fa Michelle? Avrebbe potuto acquistarne altri diecimila e fare in modo che si sapesse che non si trattava di haute couture.
Perchè vuole dimostare che loro sono appunto i Kennedy o gli Obama...ma se fossero semplicemente i Gori?

Fare il sindaco significa governare e amare la propria città, sporcarsi le mani, se necessario, fare scelte impopolari, acquisire e perdere consensi, lavorare sodo.

Di glaumor c'è molto poco.



mercoledì 4 giugno 2014

Tutto Prada!

Quando Giada era piccola ha scritto in un tema per la scuola: mia mamma legge Vanity Fair e sfoglia svogliatamente Io Donna! Non ho mai indagato sulla genesi di questa frase anche perché era troppa la vergogna al pensiero della considerazione che la maestra avrebbe avuto di me.
Una signora seduta in poltrona che sfoglia riviste tutto il giorno e per giunta SVOGLIATAMENTE!

A pensarci bene però è vero. Non che io stia tutto il giorno a sfogliare riviste (MAGARI!), ma mentre Vanity Fair lo leggo tutto e anzi ci sono settimane in cui devo farmelo bastare perché rischio di finire di leggerlo prima che esca il numero successivo, Io Donna lo sfoglio a letto il sabato mattina e basta. 
Da quando Giada frequenta il liceo anche il sabato mattina mi sveglio presto e, se non devo uscire, mi piace prepararmi la colazione portarla a letto e leggere un po'.

Prima cosa l'oroscopo di Io Donna, poi le rubriche di Giusy Ferrè: Bucce di banana e la mia preferita, Tocco di classe.

Devo fare una precisazione. Nella rubrica Bucce di banane sono descritti i look di giovani cantanti pop o rock, starlette e veline. Insomma tutte persone che si vestono in modo estroso, appariscente e senza il minimo gusto perché giovani e spesso prive di talento che sono soltanto desiderose di mettersi in mostra. Il leopardato e l'abitino strizzato di due taglie più piccolo sono onnipresenti. Per capire il genere una delle più citate è Valeria Marini.

In Tocco di classe invece si trovano giovani donne dalle aristocratiche origini, che hanno studiato alla Sorbonne e che sono belle e raffinate di loro. La descrizione di Giusy Ferrè è più o meno la seguente: Questa giovane donna figlia di.....nonostante i suoi 21 anni e una laurea in lingue orientali ha già alle spalle un'avviata carriera da modella iniziata all'età di 16 anni e adesso ha lanciato una sua linea di cosmetici biologici. Poi si passa alla descrizione del look: Camicia di seta bianca, pantalone a sigaretta. Décolleté e clutch con nota di colore. TUTTO PRADA (o tutto YSL, Fendi, ecc.)

Ora, è indubbio che le giovani signore protagoniste di Tocco di classe siano belle, colte e per nulla desiderose di mettersi in mostra ma il vero tocco di classe lo avrebbero se fosse Tutto Zara! 

Il vero tocco di classe è la persona fotografata per strada che ha stile sempre e comunque anche se va a fare la spesa o é in jeans. 

Qualche tempo fa sono andata a cena al giapponese con la mia amica Sylvia. 
All'uscita mentre ci salutavamo le ho detto: Silvietta sei elegantissima potresti finire su tocco di classe. E ho iniziato a descrivere il suo look come se dovessi scrivere la rubrica. 
Era una serata primaverile e Sylvia indossava un pantalone bianco, una morbida camicia taglio uomo a righine blu e scarpe con la zeppa. Il tutto avvolto in una pashimina di cachemire beige. Non ho mai saputo se ci fosse qualcosa di firmato ma l'eleganza austroungarica di Sylvia, i suoi capelli biondo naturale, sempre raccolti e mai in disordine, e il volto poco truccato rendono elegante qualsiasi capo indossi. 

Peccato che Giusy Ferrè non passasse di in via Monti quella sera. 
 

sabato 31 maggio 2014

Mi son Lia

Mia nonna paterna si chiamava Letteria.
Quando sono nata si é deciso di darmi il suo nome come da buona tradizione siciliana.
La nonna si è sempre chiamata con il diminutivo di Lia e allora si è deciso di rispettare la tradizione dandomi il nome con cui tutti l'avevano sempre chiamata (o urlata)...mio nonno era famoso per i suoi: Liaaaaaaaaaa, urlati da una stanza all'altra della casa di via Lenzi. 

E così che papà mi ha sempre raccontato, che l'idea è venuta dalla Bibbia (Lia era la moglie di Giacobbe) e poi da Dante.

giovane e bella in sogno mi parea
donna vedere andar per una landa
cogliendo fiori; e cantando dicea:
"Sappia qualunque il mio nome dimanda
ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno
le belle mani a farmi una ghirlanda

(PURGATORIO - CANTO VENTESIMOSETTIMO vv. 97 e segg.)

La nonna Lia era piccola e minuta come me. Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, ormai molto anziana e un po' sorda, seduta sulla poltrona della casa di via Lenzi. Un po' leggeva ma prevalentemente ascoltava la radio, la TV o i racconti di chi andava a trovarla.
Durante gli ultimi anni della sua vita frequentavo l'università e trascorrevo a casa sua tutte le domeniche pomeriggio. Le raccontavo dell'università e lei seguiva con interesse. Teneva il conto degli esami e pregava sin dal giorno prima.
Devo alle sue preghiere tutti i miei trenta e lode e sono felice che sia riuscita a vedermi laureata.


Ps si è persa soprattutto a Milano - dove vivo - la tradizione di dare i nomi dei nonni. Mi dispiace molto perché i nomi tradizionali sono belli e hanno dentro una storia. Io e i miei fratelli ci chiamiamo Lia, Andrea e Guido, come i nostri nonni. 

domenica 25 maggio 2014

Il mattino ha l'oro in bocca!

Ieri sera George ed io siamo stati a cena a casa di amiche. La serata è stata piacevolissima. Abbiamo bevuto e mangiato più del solito (tutto ottimo e curato), abbiamo chiacchierato, riso e scherzato. E abbiamo fatto tardi. Se gli invitati si trattengono fino a tardi è segno che la serata è riuscita. Il giusto epilogo sarebbe stato quello di dormire fino a tardi questa mattina e fare una bella colazione a letto.
Quando è suonata la sveglia anche George, che si vanta di avere il primato della sveglia in casa nostra, stava ancora dormendo ma mi ha detto: amour adesso mi alzo e ti preparo il caffè. Perché mai? gli ho risposto. Ti ringrazio del pensiero ma sono io a dovermi alzare. 

Da qualche settimana con Milena e Simonetta la domenica mattina andiamo a correre. Ci svegliamo presto e ci diamo appuntamento ai giardini di palestro o al parco Sempione. Chiacchiera veloce, 45 min di corsetta e poi altra chiacchiera....da qualche settimana si è aggiunta anche la colazione.
È faticoso svegliarsi ma una volta lì è bellissimo.
Il parco è pieno di altra gente che corre. C'è anche chi passeggia con il cane, chi passeggia e basta, chi fa arti marziali o yoga. Non c'è troppo caldo perché è ancora presto e non ci sono ancora troppe persone o famiglie con bambini, per lo stesso motivo. Ad ognuno la sua fascia oraria di parco.
Svegliarsi di buon umore e fare una cosa che ci piace e che ci fa stare bene è importante e resta un bagaglio acquisito di positività e benessere che aiuta ad affrontare la giornata, durante la quale ci sarà tutto il tempo per arrabbiarsi. E inevitabilmente qualcosa andrà storto.

In questo periodo c'è una bellissima pubblicità di una brioche che esiste da quando eravamo bambini, morbida e con la granella sopra, che è un inno al bicchiere mezzo pieno.
Per te che un tacco rotto è una ballerina guadagnata, per te che il semaforo è un arcobaleno di colori, per te che allo specchio vedi solo il tuo sorriso. E così via..
Mi piace e mi mette di buonumore. Sono sempre stata un'ottimista e una positiva. Credo che il modo in cui si affrontano le cose dipenda solo dalla nostra volontà. A che serve arrabbiarsi di prima mattina se c'è un po' di traffico, se siamo in ritardo, se la camcia che volevamo mettere ha una macchia?
Lo so possono succedere cose ben più gravi e non si può generalizzare..ma partire con il piede giusto è senz'altro meglio.
Terapia consigliata: ascoltare prima di uscire da casa o in macchina You're the First, the Last, My Everything di Barry White. Funziona!

sabato 17 maggio 2014

Marciapiedi

Non so ancora quale sarà la data del mio decesso ma ne conosco già le modalità e il luogo dell'evento. Uccisa da un ciclista (o meglio da una persona che pedala una bicicletta) in piazza Cordusio o in via Broletto a Milano.
Le modalità dell'evento possono essere (i) scappiciata dal suddetto 'ciclista' (tradotto per i non messinesi: arrotata, investita, messa sotto le ruote); o (ii) presa a bastonate, sempre dal medesimo ciclista.

Io sono mattiniera e mi sveglio anche di buonumore. Vado in palestra e per arrivare in studio prendo il tram per qualche fermata (lo so potrei andare a piedi e qualche volta lo faccio, ma sono sveglia dall'alba e sono già stata in palestra!). Scendo a Cordusio o in via Cusani. Mi dirigo verso lo studio e sistematicamente rischio la vita perché i marciapiedi sono invasi dai ciclisti che corrono a più non posso e che si arrabbiano se la tua presenza li costringe a spostarsi. La regola - secondo loro - è che è il pedone che deve stare attento e spostarsi. Non viceversa.

Ora, cari ciclisti (e già vi sto facendo un complimento) capisco che a Milano ci sia il pavet, capisco che ci siamo le rotaie dei tram. Capisco che voi ve la tiriate un po' con la scusa dell'ecologia e della tutela dell'ambiente. Ma il marciapiede (lo dice l'etimologia della parola) serve per far marciare i piedi dei pedoni. Voi, carissimi bikers, dovete pedalare (hai voluto la bicicletta: pedala!) per strada. 

E se per puro caso, facendo attenzione, vi trovate su un marciapiede, dovete andare a passo d'uomo. E non guardare i pedoni in cagnesco. Il marciapiede è per loro!

Ieri mattina al solito ciclista prepotente, dopo averlo evitato, ho detto: Testa di c..... Il modo in cui mi ha risposto (che metteva in dubbio la mia fedeltà coniugale e la mia moralità) non posso ripeterlo ma sono certa di avere rischiato brutto. Ecco perché alla scappiciata vedo la seria alternativa delle percosse.

C'è una bellissima canzone dedicata ai Marciapiedi di Renato Zero.
La riporto e constato con piacere che non ci sono biciclette!
Marciapiedi stanchi 
La pioggia spazzerà 
La polvere e i ricordi 
Bagnati di città… 
Passi frettolosi 
D'un avido via vai… 
Chi trascina il tempo, 
Clienti attesi… 
E' la vita 
Che 
Passando sporca un po' le dita… 
Lungo i marciapiedi 
Il vento porta via 
L'ultima occasione 
O la tua prima compagnia… 
Lì 
Bambino imparerai 
A camminare, 
Scopri il sesso dietro un muro 
O sulle scale… 
E' peccato o lo confondi, 
Se sia giusto farlo o no 
Ti domandi… 
E' li 
La vera scuola che 
Poi ti segna 
Sulla pelle quello che 
Non s'insegna… 
La palestra della vita 
Sta inventando i giorni tuoi!… Una sfida! 
Vecchi marciapiedi 
Malati di realtà, 
Poliziotti e preti 
Tra i fiori e oscenità… 
Occhi aperti 
Su melma e cieli prima mai scoperti… 
Non scandalizzarti dei marciapiedi… 
Lì sta il mondo, che non sai, che non vedi… 
Marciapiedi screditati 
Per vergogna o vanità dimenticati! 
No, non ridere dei miei marciapiedi! 
Lì, ero un uomo, quello a cui tu non credi 
Ma se cammini, se vai avanti 
È perché i marciapiedi 
Sono tanti…

domenica 11 maggio 2014

George .....e Mildred

Chi legge questo blog sa che il mio George non è George Clooney (anche se con i capelli brizzolati un po' gli somiglia) né il marito di Mildred. 
Ieri pero' chi lo ha visto in mia compagnia alla stazione garibaldi di Milano deve aver pensato a lui proprio come un indifeso George nelle grinfie di Mildred.

Succede che dovevamo andare a Bologna e che per avere il tempo di girare senza meta, goderci la città e vedere qualche mostra, abbiamo prenotato il treno delle 9.30. 
Sveglia presto come sempre ma con la stanchezza di una settimana pesante alle spalle. Ad un certo punto lo vedo. Pronto e impeccabile come sempre (i 50 anni si avvicinano e il suo look ringiovanisce in modo inversamente proporzionale) che mi guarda con fare minaccioso e terroristico. È tardi. È vero che il tempo c'è ma devi prepararti. Dopo mi ha seguito in bagno per sapere a che punto fossi e finalmente si è dileguato verso la macchina lasciando a me - comune mortale e per giunta in ritardo - il compito di prendere chiavi di casa, biglietti del treno, ecc. 

Mentre ci dirigevamo verso la stazione gli faccio sommessamente notare che il treno era Italo non freccia rossa e che quindi sarebbe stato meglio andare con la metropolitana. Ah Italo? Non non lo sapevo. È inutile dire che ho testimoni che possono confermare che il treno da prendere lo abbiamo deciso insieme al telefono. 
Prendiamo la metro in perfetto orario e quando, finalmente rilassata, gli faccio notare che potevamo stare tranquilli, parte con la sua filippica alla George Bush. Beh tranqulli mica tanto...siamo al pelo!
Vabbe'. 
Arrivati alla stazione garibaldi parte verso il treno (quale?) come se fosse Luca Cordero di Montezemolo quando invece Italo non lo ha mai preso in vita sua. Non sapeva quindi che bisognava scendere al piano di sotto. 
Gli chiedo di seguirmi e lui insiste ma non dobbiamo andare al binario.
A quel punto sono esplosa e ho gridato....fino a farmi sentire alla stazione centrale. Lui imperterrito e annichilito è rimasto senza parole ma non si è arrabbiato. Solo non capiva il perché della mia reazione in fondo era solo dalle sette del mattino che mi dava ultimatum minacciosi alla Geroge Bush.

La giornata a Bologna è stata piacevolissima e abbiamo fatto pace davanti ad una crema di caffè.