lunedì 24 marzo 2014

Prima pensa poi parla

....perché parole poco pensate portano peso.

Si parla tanto negli ultimi mesi (e a dire il vero ormai da qualche anno) di 'quote rosa'. 
Dire 'quota rosa' svilisce il concetto perché sembra un contentino dato alle donne. La legge sui consigli di amministrazione e le auspicate leggi a venire non parlano di 'quote rosa' ma di quote di genere e sono volte ad assicurare un'equa e bilanciata presenza di entrambi i generi nelle istituzioni. 
Quindi dire 'quote rosa' è già un uso distorto del concetto.

A questo si aggiunga che spesso sono le stesse donne, che facendosi portatrici di un pensiero che dovrebbe essere prettamente maschile, sostengono che loro vogliono il merito, che prevedere le 'quote rosa' ( 'a ridagliè!) significa passare sopra il merito perché le donne che valgono faranno senz'altro carriera e non hanno bisogno di contentini.

Non è così. Non è così perché c'è un gap culturale enorme. Non è così perché siamo in un paese fortemente maschilista e misogino. Perché se prima le donne non avranno un ruolo ben definito e uno spazio da gestire il famoso merito di cui tutti parlano (anche a sproposito) non lo conosceremo mai. Non è così perché sebbene sia scientificamente e statisticamente dimostrato che dove lavorano le donne, che dove decidono le donne, le cose funzionano meglio, spesso alle donne non viene data - a priori - nè la possibilità di lavorare, nè quella di decidere.

È un problema culturale con il quale le donne si scontrano tutti i giorni. Risale a pochi giorni fa la mia telefonata ad un collega più anziano per discutere di una possibile transazione tra le nostre clienti.
Mi sono presentata con nome e cognome, lui mi ha ascoltato e poi mi chiesto cortesemente di mandargli i miei riferimenti cosicché potesse contattarmi. Il giorno successivo, durante un'altra telefonata mi dice: lei molto discretamente non me lo ha detto ma ho visto dalla sua email che è avvocato (qui ci sarebbe da aprire una parentesi su se si dica avvocato o avvocata). Avrei voluto rispondergli: ma scusa ti saresti fatto la stessa domanda se ti avesse chiamato un collega uomo? Ti chiamo per parlare di lavoro, tu pure mi ascolti ma poiché sono donna ti sorge il dubbio che .....chi avrei dovuto o potuto essere? Di solito per avviare una trattativa non faccio chiamare la mia segretaria.

Se quindi sul punto c'è un problema culturale di base mi chiedo come possa una donna intelligente, colta, ironica e arguta, quale è Luciana Littizzetto, dedicare uno dei suoi ultimi monologhi della domenica sera al tema delle 'quote rosa' arrivando a dire che prima si andava avanti con il sesso e adesso si va avanti grazie alle quote rosa!
Ma proprio lei che ha fatto dell'ironia femminile, dell'importanza dell'interiorità a discapito della bellezza posticcia uno suo cavallo di battaglia, dice tali banalità? 
Da lei ci si aspetta che si documenti prima di parlare (a tanta gente che in termini concreti non sa neanche di cosa si sta parlando) non di sentir dire una cretinata simile.

È ovvio che è il merito quello che conta. È tutto ovvio in un mondo ideale. Ma non siamo in un mondo ideale.  E così come ci sono tante, tantissime leggi che disciplinano cose ovvie che in un mondo ideale non dovrebbero esistere, ci deve essere anche la legge che 'permetta' - senza imporle- alle donne di esserci. Poi grazie ai loro meriti....ci resteranno!

venerdì 21 marzo 2014

Ogni scarrafone è bello a mamma soja

Con un un giorno di ritardo ieri mattina ho sfogliato avidamente il mio Vanity Fair.
È una rivista che amo molto: è piena di firme importanti, articoli di moda, costume e società. Inchieste, tanto cinema, libri, musica, viaggi e il mio amato oroscopo. Ci azzecca sempre ed è pure divertente!
La prima lettura del mercoledì mattina (ieri avevo, per l'appunto, un giorno di ritardo) consiste solo nello sfogliare il giornale dall'ultima alla prima pagina (sì al contrario!). Unica lettura ammessa: l'oroscopo. Poi nei giorni successivi lo riprendo e leggo quello che mi interessa (e a volte, per curiosità, anche quello che non mi interessa), cercando di farmelo bastare per tutta la settimana.
VF è pieno di pubblicità. Non è una critica. É un fatto. È una rivista molto letta (credo l'unica in Italia in attivo) e quindi è normale che tutti vogliano fare pubblicità attraverso VF. VF non regala gadget, costa solo 2euro e si finanzia anche e soprattutto con la pubblicità. Fin qui tutto assolutamente normale.

Ogni tanto avviene che il giornale dedica quasi tutte le pubblicità di moda ai bambini. Non le guardo quasi miei non essendo più interessata al genere (il nostro topo è maggiorenne e già da quando aveva 12/13 si sentiva sminuita se la portavo in un negozio per bambini); ieri però mi sono soffermata un attimo in più e ho notato che i bambini delle pubblicità sono tutti non belli ma bellissimi e patinati.

Tutti i bambini sono belli ma sono spontanei e spesso imbronciati. Molte volte sporchi e sudati perché si divertono a giocare incuranti degli abiti che indossano. Sicuramente non patinati. Nemmeno quelli che i vestiti firmati delle pubblicità li indossano veramente sono come vengono rappresentati. Immagino che un servizio fotografico che ha come protagonisti dei bambini, duri esattamente come quelli con gli adulti. Immagino che si richiedano espressioni e sorrisi. E mi chiedo, perché?
Perché sottrarre ai bambini - che hanno già una vita così piena - il tempo per giocare, per farli posare in un servizio fotografico? 
Di certo non é una loro scelta, quasi certamente non saranno da grandi attori o modelli. E allora perché? Per guadagnare qualcosa che serva per il loro futuro? Può essere una ragione e sarebbe anche apprezzabile se fosse vera.
La mia paura però è che non sia quello o non solo quello. Credo che i genitori di bambini belli, decidano attraverso di loro di riempire dei vuoti. Di appartenere ad un mondo patinato che loro da bambini, e magari neanche adesso, non hanno avuto.

Credo, e questo vale anche più in generale, che sui bambini si scarichino troppe ansie e si proiettino troppe aspettative. 

I bambini sono bambini. Belli, stupendi, meravigliosi, intelligenti, simpatici ma bambini. È importante che siano educati, curiosi, rispettosi del prossimo. Che abbiano il senso del dovere come strada per la conquista del piacere (quando ero piccola io si scendeva in cortile dopo che si erano finiti i compiti), ma sopratutto che siano bambini.
Il lavoro come mezzo per guadagnare, la fatica di stare ore in posa....non è un attività da bambini. 
La disciplina la possono imparare in altri modi. A scuola e facendo sport.

È giusto insistere perché studino e facciano sport ma mi sento di escludere che sia un bambino ad insistere per fare una pubblicità. 

Tutti inorridiamo di fronte ai concordi di bellezza per bambini. Non è forse la stessa cosa?

domenica 16 marzo 2014

Si viaggiare....sui mezzi pubblici

Viaggiare sui mezzi pubblici a me piace. Perché non so usare il motorino e trovo che la macchina ti faccia arrivare già stanco e nervoso prima ancora di cominciare la giornata.
Certo il discorso cambia se si devono percorrere tratti molti lunghi, se si devono cambiare più mezzi, se piove e fa freddo. Mai mi sognerei di dire, per il profondo rispetto che nutro nei confronti di tutti i pendolari, che in quel caso è bello.
Dico solo che a me piace prendere il tram, guardare fuori dal finestrino, non avere l'ansia del parcheggio, pensare ai fatti miei o (questo mi diverte moltissimo) immaginare le vite degli altri.

A Milano l'azienda dei pubblici trasporti si chiama ATM come a Messina. Ma ovviamente sono due mondi a parte. Sebbene lamentarsi sia lo sport più praticato in Italia, io dico che - nonostante le lamentele - il fatto che i mezzi di trasporto pubblico a Milano funzionino sia un dato inconfutabile e chi lo nega non é mai stato a Messina :-)

ATM poi è un'azienda pop con tante iniziative utili e divertenti, GuidaMI, il servizio di carsharing, BikeMI (mi chiedo perché non pedalaMI, visto che siamo in Italia), il servizio di noleggio bici in città, ATMosfera, la cena a lume di candela sul tram (lo so è una zallata ma prima o poi la proverò), GiroMI, il servizio on line che permette di trovare i mezzi da prendere per raggiungere un determinata meta, e tanto altro. 

L'altra mattina ho preso l'autobus sotto casa (lo faccio quando la sera devo uscire con George e ci troviamo in centro) e mi sono imbattuta in 3 persone, DICO 3, che facevano domande ai passeggeri delle 8 del mattino, del seguente tenore: scusi lei dove scende? Il biglietto dove lo ha comprato?, quando scende poi prende un altro mezzo? (Questa era la domanda più idiota considerato che l'autobus nel quale i 3 intervistatori si trovavano è solo un collegamento con la metropolitana e quindi alle 8 del mattino chi lo prende la fa al solo scopo di raggiungere la metropolitana dove l'autobus fa capolinea; l'alternativa sarebbe restare sull'autobus e tornare a casa. Possibile, per carità, ma direi un tantino più raro:-).

Domande del tipo: questo mezzo lo trova comodo? È puntuale o è spesso in ritardo? Ci vorrebbero più corse? non sono state prese in considerazione nè dagli intervistati e nè dagli intervistatori.

L'altra sera ho chiamato il numero verde ATM e una voce registrata mi ha dato tutte le info del mondo tranne quella che volevo io. L'opzione 'parlare con un operatore' non è contemplata da ATM.

Allora mi è venuto spontaneo chiedermi se, considerato l'alto livello delle domande poste ai viaggiatori e la gentilezza dei modi, non si sarebbe potuto valutare di chiedere ad uno dei 3 intervistatori nei quali mi sono imbattuta di rispondere al call center e dare le informazioni di cui i cittadini hanno veramente bisogno.

Cara ATM sarai anche pop....

sabato 8 marzo 2014

Allacciate le cinture

Perché questo titolo? è stato chiesto a Ferzan Ozpetek. Perché ogni vita ha le sue turbolenze e arriva per tutti il momento in cui bisogna allacciare le cinture.

Con questo film Ozpetek è tornato (grazie!) ai suoi temi preferiti: l'amore e l'amicizia. Amore e Amicizia con la A maiuscola che sono importanti sempre ma diventano fondamentali quando bisogna affrontare un grande dolore, quando bisogna darsi forza.

È un film pieno (anzi direi strapieno) di sguardi e di silenzi. Che lasciano allo spettatore il tempo per riflettere, sorridere, commuoversi e immaginare. Anche il finale è aperto all'immaginazione e al desiderio dello spettatore di vedere o di non vedere il lieto fine.

È stato bellissimo vedere i capannelli di amici che si sono formati all'uscita del cinema. Ciascuno dava la propria interpretazione e il proprio punto di vista su ruoli e personaggi. Grande Ferzan, missione compiuta!

I personaggi sono come al solito azzeccatissimi (tutti!) compreso il povero Francesco Arca che è stato criticato perché avrebbe detto poche battute (non è un film basato sui dialoghi ma su sguardi e silenzi) perché non sarebbe stato al livello degli altri. Non doveva esserlo da copione, quindi se è stato spontaneo buon per lui, se ha recitato vuol dire che è pure un bravo attore.
A me è piaciuto il suo ruolo soprattutto nella seconda parte del film...quella in cui affronta, a suo modo, il dolore della moglie. 
Mi ha fatto ricordare e riflettere sul fatto che quando si ammala qualcuno che amiamo la prima reazione è di paura, poi di impotenza e infine di incazzatura. Si vorrebbe essere lì a dare coraggio ma invece si lascia capire, anche con reazioni strampalate e incomprensibili ai più, ma non al malato, che si è fottuti dalla paura. Il vero coraggio alla fine se lo danno i malati anche grazie alla paura degli altri. I malati sanno che questa paura è amore e l'amore dà la forza.

Il film parla di una malattia: la mia. Ho anche un po' pianto e George mi ha tenuto la mano tutto il tempo.
È stato bello però ricordare quel periodo e tutti quanti mi sono stati vicino: la mia meravigliosa famiglia, le amiche, i colleghi. 

Abbiamo allacciato le cinture - tutti insieme - e la turbolenza è stata brillantemente superata!

martedì 4 marzo 2014

non l'avevo detto ....ma l'avevo scritto!

Riporto uno stralcio di un mio post di giugno:
 
"L'altra sera pensavo di andare al cinema ma ho dovuto desistere perché praticamente dappertutto davano La grande bellezza e io lo avevo già visto.

La grande bellezza è Roma. E l'ho trovato un film bellissimo. Non c'è una storia avvincente né toccante ma le continue feste, i personaggi e gli accadimenti surreali fanno riflettere sul vuoto che ci circonda. Sulla vacuità di certe vite. Sull'inutilità di certe conversazioni. Il protagonista (un Tony Servillo sempre meraviglioso) lo ha capito e sconfigge tutto con distacco e ironia.
A 60 anni ha capito che si può permettere di dire quello che pensa: stupenda la descrizione fatta all'amica radical chic di quello che lui pensa lei sia veramente; bellissima la fuga dalla bella e stupida miliardaria accompagnata da una frase che tutti dovremmo recitare come un mantra: ho deciso che non voglio più fare quello che non mi va di fare.
A 60 anni può permettersi di commuoversi, di prendersi gioco di sé stesso e degli altri: meravigliosa l'intervista alla sensitiva figlia dei fiori (mi dica cos'è una vibrazione?).

A lui basta l'alba di Roma!"
 
Paolo Sorrentino ha ringraziato Fellini, i Talking Heads, Maradona, gli attori del film e la sua famiglia. Io ringrazio lui perchè è un grande regista che spazia da capolavori come Il Divo a This must be the place e che con la Grande Bellezza ci ha regalato risate (Buccirosso, mitico!!) e albe meravigliose. L'Oscar non è più il premio di una volta perchè ormai di premi ce ne sono molti altri e tutti prestigiosi. Il vero premio per un regista è il pubblico, è l'essere convinto di avere fatto un bel lavoro ed avere il riconoscimento che questo lavoro merita.
Il regista è forse uno di qui pochi mestieri in cui davvero la passione si trasforma in lavoro e poi in arte...e io dico grazie a chi tiene vive le proprie e le altrui emozioni!