domenica 31 marzo 2019

I tempi dell'altro

Questa mattina ero seduta al bar con George per una seconda colazione sotto un tiepido sole primaverile....accanto a noi due amiche che, in ordine di importanza (I suppose), hanno parlato di cosa mettere al matrimonio di un'amica comune, di qualche bega di lavoro e infine di uomini. Una delle due ha raccontato di avere superato una crisi con il compagno...il 'nuovo' rapporto é adesso basato sul fatto che non si discute più. Decide lei. Oggi per esempio lui avrebbe avuto la mattina libera per fare ciò che credeva ma poi dopo pranzo, alle 14.30 per l'esattezza, avrebbero dovuto essere pronti per uscire diretti non so dove (ero sempre ad un tavolo di distanza 😜).
Se son rose fioriranno ho pensato anche se un vaffa di lui, presto o tardi, non mi sento in alcun modo di escluderlo. 

Pensavo che si potrebbero scrivere trattati sulla pazienza reciproca che è necessaria per dividere la vita (intendo il quotidiano) con un'altra persona. Ci vuole grande spirito di adattamento, voglia di non discutere a tutti i costi, di cedere un po' qua e un po' la. Insomma di volerlo veramente e di essere disposti ad accettare i tempi dell'altro che a sua volta accetterà i nostri.
Al mattino c'è chi è pieno di energia e chi ha bisogno di più tempo per carburare. Dopo pranzo c'è chi è pronto per affrontare il mondo e chi ha bisogno di relax.
C'è chi è nottambulo e chi va a letto con le galline. C'è chi ama camminare e chi pensa che ci voglia la macchina per fare 100 metri. C'è chi è sportivo e chi tutt'uno con il divano.

I tempi dell'altro non saranno mai i nostri ma i suoi. Non svegliamo chi dorme e non propiniamo il cinema delle 22.30 a chi a quell'ora è in fase R.E.M.

I tempi dell'altro sono importanti...né più né meno dei nostri e vanno rispettati.  

Si può forzare ogni tanto, scendere a qualche compromesso e magari accettare il fatto che il malcapitato vuole uscire alle 15 dopo avere digerito almeno un po' 🤔

lunedì 18 marzo 2019

perfetti sconosciuti....ma neanche tanto

Dal film, ormai diventato cult (credo che sia in programma un remake America), abbiamo appreso che possiamo tranquillamente avere due vite: una apparente e un'altra (più o meno vera non si sa) sullo smartphone.
In effetti era così anche prima...domenica scorsa sono stata a pranzo in zona Ozpetek a Roma (Ostiense - Piramide  - Gazometro) e ho ripensato con nostalgia a quel meraviglioso film che è Le fate ignoranti: esistevano già i cellulari ma si comunicava tramite sms e la vita vissuta face-to-face era ancora una realtà. Eppure il protagonista aveva due vite e le gestiva anche abbstanza bene (complice senz'altro una moglie serena e poco invadente).

Poiché si pensa che tutto stia in un cellulare i più furbi, i bugiardi di professione o quelli semplicemente indecisi (diamogli il beneficio del dubbio!) pensano che basti avere due cellulari...magari tre e saranno al sicuro. Pensano che basti cambiare città, frequentare luoghi defilati ed è fatta.

Ed invece no...esiste sempre il caso, la coincidenza, l'imponderabile.
Venerdì pomeriggio a Roma e poi di nuovo sabato mattina, sempre a Roma, ho visto - nel primo caso - ed incontrato - nel secondo -, due persone non di Roma e neanche di Milano...per puro caso.
Non facevano ovviamente nulla di male ma dentro di me ho pensato che di fronte alla casualità non c'è SIM che tenga.

Se sei un osservatore come me ti accorgi della più piccole cose e passeggiando sul lungotevere il tuo sguardo incrocia un taxi e poi sul taxi c'è una persona che conosci e che sai per certo che non vive a Roma.
E questa stessa persona la potresti incrociare a Londra o in un posto sperduto del mondo.
La casualità e le coincidenze non hanno regole ma ci vedono benissimo e sono anche un po' traditrici perché ti capitano quando meno te lo aspetti. 

E allora non è forse meglio avere una sola SIM, stare più rilassati e meno controllati, vivere con meno segreti ed una certezza....quale? Quella che prima o poi capiterai sul lungotevere 😊😊

mercoledì 6 marzo 2019

Cosa succede se...?


Dopo un fine settimana* a Bari con gli amici di sempre, dopo aver mangiato e bevuto benissimo e con piacere: focaccia barese e birra seduti su un muretto a Bari vecchia, pesce crudo e ricci di mare, pasticciotti leccesi e tanto altro ancora..., dopo aver fatto running tra Bari vecchia e il lungomare, dopo aver passeggiato a Polignano a Mare, dopo aver visto due bimbe  - che avevo visto in fasce - diventare alte, chiacchierone e in piena crisi adolescenziale. 

Ecco dopo tutto questo il volo di ritorno è stato dirottato a Torino.
Perché? Un drone** è stato avvistato sopra il nostro aeroporto di destinazione che è stato chiuso per un’ora. 

 

In aereo panico e terrore diffuso da quei passeggeri, che a Messina chiameremmo scaccri, che sapendo tutto loro hanno iniziato ad ipotizzare le peggiori tragedie: ci lasceranno bivaccare in aeroporto (già mi vedevo protagonista del film The terminal con Tom Hanks), dovremo aspettare un bus, perderemo i bagagli ...e così via. 

Nulla di tutto ciò per fortuna.

L’aeroporto è stato riaperto e ci hanno riportato a Milano con il volo più breve della storia! 

Risultato: qualche ora di ritardo. 


Può succedere e non potevo permettere che un disguido, neanche tanto grave, rovinasse una bella vacanza. 


E così George ed io abbiamo atteso pazientemente e senza perdere la calma tra settimana enigmistica, musica e qualche smanettamento sullo smartphone.


Bisogna sempre ricordarsi come una storia finisce...non quello che capita nel mezzo. Dovevamo arrivare a casa e ci siamo arrivati: tutto è bene quel che finisce bene!
*in realtà si dovrebbe dire "una" fine settimana perché sono due parole femminili:-)
** il drone si è poi tramutato in elicottero