lunedì 3 settembre 2012

grande, grande, grande....

Ho appena finito di leggere "Le piace Brahms" di Francoise Sagan, romanzo del 1959 dal quale è stato tratto un delizioso film con Ingrid Bergman e un giovanissimo Anthony Perkins presentato al Festival di Cannes nel 1961. Avevo già letto qualche mese fa "La Disfatta" (1965, titolo originale La Chamade, in Italia recentemente ripubblicato da Astoria con il titolo "All'Impazzata").
Nonostante l'autrice sia una donna nota per la sua stravaganza, per l'amore per gli eccessi (il gioco d'azzardo, le auto da corsa e l'alcol erano tra le sue principali debolezze), per avere condotto una vita libera e fuori dagli schemi borghesi dell'epoca, in questi due romanzi (ne leggerò a breve degli altri) appare evidente una concezione dell'amore quasi punitiva. Come se amore vero volesse dire solo sofferenza. Come se la felicità che l'amare e l'essere amate può dare sia, per una donna, una cosa che non basta, che non va bene. La donna dei romanzi della Sagan si accontenta piuttosto di vivere infelice accanto ad uomo disattento e distratto, accanto ad uomo che non può avere come vorrebbe o, peggio ancora, si accontenta di vivere infelice accanto all'uomo che la fa stare serena (anche economicamente) ma non la ama davvero e, senz'altro, non è ricambiato.

Entrambe le protagoniste si accontentano: l'una di uomo inarrivabile e narcisista che la tradisce e la costringe ad estenuanti attese (all'epoca non c'erano i cellulari quindi bisognava attendere accanto ad un telefono fisso che l'uomo chiamasse!), l'altra di un uomo che la considera un oggettto, la riempie di cose belle e costose  per il piacere di esibirla accanto a sé.
Entrambe abbandonano l'uomo che amano veramente per una vita che in un modo o nell'altro non darà felicità.

Mi è venuta in mente la canzone - meravigliosa - di Mina, Grande, grande, grande
"Con te dovrò combattere
non ti si può pigliare come sei...
i tuoi difetti son talmente tanti
che nemmeno tu li sai...
sei peggio di un bambino capriccioso
la vuoi sempre vinta tu...
sei l'uomo più egoista e prepotente
che abbia conosciuto mai.
Ma c'e' di buono che al momento giusto
tu sai diventare un altro...
in un attimo tu
sei grande grande grande e le mie pene
non me le ricordo più.
Io vedo tutte quante le mie amiche
son tranquille più di me
non devono discutere ogni cosa
come tu fai fare a me...
ricevono regali e rose rosse
per il loro compleanno
dicon sempre di sì
non han mai problemi e son convinte
che la vita e' tutta lì...
invece no, invece no
la vita e' quella che tu dai a me...
in guerra tutti i giorni sono viva
sono come piace a te...
ti odio e poi ti amo e poi ti amo
e poi ti odio e poi ti amo...
non lasciarmi mai più.
sei grande grande grande come te
sei grande solamente tu.
Ti odio e poi ti amo e poi ti amo
e poi ti odio e poi ti amo...
non lasciarmi mai più.
Sei grande grande grande come te
sei grande solamente tu.
Non lasciarmi mai più.
Sei grande grande grande come te
sei grande solamente tu".


Mi chiedo. Ma amare equivale a soffrire? E se per non soffrire possa essere giusto accontentarsi delle briciole o dell'infelicità che una solo una vita serena e agiata a volte può dare.

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